Min. Interno - Circ. 15/06/2020 n. 7581 - Art. 120 c.d.s. Revoca della patente di guida per intervenuta carenza dei requisiti morali prescritti per la titolarità dell'abilitazione. Sentenza della Corte Costituzionale n. 99 del 6-27 maggio 2020
Ministero dell'interno
Dipartimento per gli affari interni e territoriali
15 giugno 2020
Prot. n. 7581
Oggetto: Articolo 120 del codice della strada, approvato con decreto legislativo n. 285 del 1992. Revoca della patente di guida per intervenuta carenza dei requisiti morali prescritti per la titolarità dell'abilitazione. Sentenza della Corte Costituzionale n. 99 del 6-27 maggio 2020.
Con sentenza n. 99 del 2020, depositata in cancelleria il 27 maggio 2020 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana-I Serie Speciale n. 23 del 3 giugno 2020, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 120, comma 2, del codice della strada "nella parte in cui dispone che il prefetto - invece che - alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136)".
Nelle motivazioni della sentenza sono richiamate le precedenti decisioni del Giudice delle leggi n. 22/2018 e n. 24/2020, dichiarative dell'illegittimità costituzionale del comma 2 dell'articolo 120 del codice della strada nelle parti in cui prevedevano l'automatismo della revoca della patente di guida per intervenuta carenza dei prescritti requisiti morali, l'una nei confronti dei soggetti condannati per violazione degli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 (in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope) e l'altra nei confronti dei soggetti sottoposti a misure di sicurezza personali.
In particolare, la nuova pronuncia ricorda che la sentenza costituzionale del 2018 è fondata, tra l'altro, sull'argomentazione che il riferimento della disposizione censurata ai menzionati pregiudizi penali in materia di stupefacenti "- sul presupposto di una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida - ricollega …, in via automatica, il medesimo effetto, la revoca di quel titolo, ad una varietà di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneità, atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, può riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve, entità".
Con la sentenza della Corte Costituzionale n. 24/2020, "l'automatismo della revoca della patente, da parte del prefetto, è stato" parimenti "ritenuto contrario a principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza, attesa la varietà (per contenuto, durata e prescrizioni) delle misure di sicurezza irrogabili, oltreché contradditorio rispetto al potere riconosciuto al magistrato di sorveglianza, il quale, nel disporre la misura di sicurezza, consentire al soggetto che vi è sottoposto di continuare - in presenza di determinate condizioni ‒ a fare uso della patente".
Ciò premesso, il Giudice delle leggi, con la decisione n. 99/2020, ha sottolineato che "ragioni analoghe a quelle poste a base delle sentenze" sopra citate "ricorrono con riguardo all'automatismo della revoca … della patente …, prevista, dal medesimo comma 2 dell'art. 120 cod. strada, a seguito della sottoposizione del suo titolare a misura di prevenzione. Anche dopo la sentenza di questa Corte n. 24 del 2019 - che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui stabiliva l'applicabilità delle misure di prevenzione a "coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi" ‒ le categorie dei destinatari delle misure in questione, elencate nello stesso art. 4 (e progressivamente incrementate dalla legislazione successiva), restano assai variegate ed eterogenee, al punto che non è agevole identificarne un denominatore comune". La "diversità delle fattispecie, che rilevano come indice di pericolosità sociale, coerentemente si riflette, sul piano giudiziario, nella diversa durata (da uno a cinque anni) e nella differente modulabilità della misura di prevenzione adottata dal Tribunale".
Da ciò discende dunque, anche in relazione alle misure di prevenzione, "l'irragionevolezza del meccanismo, previsto dal censurato art. 120, comma 2, …, che ricollega in via automatica a tale varietà e diversa gravità di ipotesi di pericolosità sociale, l'identico effetto di revoca prefettizia della patente di guida. Effetto, quest'ultimo, suscettibile, per di più, di innescare un corto circuito all'interno dell'ordinamento, nel caso in cui l'utilizzo della patente sia funzionale alla "ricerca di un lavoro" che al destinatario della misura di prevenzione sia prescritta dal Tribunale ai sensi dell'art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011".
Pertanto, in considerazione della decisione della Corte Costituzionale in oggetto indicata, neppure il decreto prefettizio di revoca del titolo abilitativo alla guida disposto a seguito di sottoposizione a misure di prevenzione si configura più come atto a emanazione dovuta e a contenuto vincolato, ma come atto espressione del potere discrezionale dell'Amministrazione, la cui adozione - non derivando più ex lege dal provvedimento giudiziale di applicazione della misura - dovrà avvenire nel rispetto delle disposizioni in materia di procedimento amministrativo e, quindi, anche degli istituti di partecipazione dalle stesse contemplati.
Ciò posto, alla luce della decisione in argomento e delle precedenti pronunce n. 22/2018 (in ordine alla quale si rinvia, da ultimo, alla circolare di questo Dipartimento n. 14919 del 10 ottobre 2019) e n. 24/2020 (su cui si rimanda alla direttiva n. 4289 del 2 aprile 2020), la natura di atti amministrativi vincolati per i provvedimenti prefettizi di revoca della patente di guida permane soltanto in relazione alle altre condizioni soggettive preclusive individuate dall'articolo 120 del codice della strada, ovverosia la sottoposizione ai divieti di cui agli articoli 75, comma 1 lettera a), e 75-bis, comma 1 lettera f) del cennato decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, nonché la dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza.
Inoltre, poiché in tutte le sentenze in argomento la Corte Costituzionale si è pronunciata esclusivamente su fattispecie concernenti la revoca dell'abilitazione in parola, rimangono atti a emanazione dovuta e contenuto vincolato tutti i dinieghi del rilascio del documento disciplinati dal comma 1 dell'articolo 120 e, sotto il profilo procedurale, dal decreto interministeriale 24 ottobre 2011. Sotto tale aspetto, si richiama la pronuncia del Giudice delle leggi n. 80/2019, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana-I Serie Speciale n. 16 del 17 aprile 2019, con cui è stata riaffermata la piena rispondenza ai parametri costituzionali del comma 1 dell'articolo 120 del codice della strada.
In ordine al diniego del conseguimento di un titolo abilitativo alla guida, si ribadisce che - come segnalato con circolare n. 5259 del 27 aprile 2020 - l'ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 32977 del 13 dicembre 2019, nel confermare che "il diniego del rilascio della patente … ai sensi dell'art. 120 C.d.S., comma 1, per insussistenza dei requisiti morali non è espressione di discrezionalità amministrativa ma atto vincolato, sia nel presupposto che nel contenuto", ha ulteriormente precisato che "il carattere vincolato dell'atto rende irrilevante il difetto di motivazione" eccepito dal ricorrente nella fattispecie, "sicché non si pone, neppure in astratto … ex art. 21-octies" della legge n. 241/1990, "la questione di annullabilità dell'atto in parola".
Tanto premesso, al fine di orientare l'esercizio della discrezionalità amministrativa demandata a codesti Uffici - da effettuare in una con il rispetto delle disposizioni concernenti la partecipazione degli interessati al procedimento - non può che rinviarsi, in primo luogo, alle indicazioni rese, in relazione alle richiamate sentenze n. 22/2018 e n. 24/2020, con le menzionate direttive di questo Dipartimento, laddove riferibili alla nuova fattispecie.
Infatti, anche nell'ipotesi in discorso il provvedimento giudiziale di applicazione di una misura di prevenzione (con particolare riferimento alle motivazioni sulle quali è fondata e alle specifiche prescrizioni imposte e modalità di vigilanza stabilite), pur non costituendo, a seguito della sentenza della Corte, condizione ex se legittimante la revoca della patente di guida, costituisce imprescindibile punto di partenza per la valutazione discrezionale rimessa ai Prefetti, da effettuare quanto più celermente possibile rispetto all'adozione del provvedimento magistratuale.
Ne consegue l'assoluta necessità di avviare immediate intese con gli Uffici dell'Amministrazione giudiziaria affinché comunichino con ogni consentita sollecitudine l'intervenuta sottoposizione di un soggetto alle misure in discorso.
In ogni caso, va sottolineato come la pronuncia del Giudice delle leggi abbia chiarito che "il carattere non più automatico e vincolato del provvedimento prefettizio … è destinato a dispiegarsi non già, ovviamente, sul piano di un riesame della pericolosità del soggetto destinatario della misura di prevenzione, bensì su quello di una verifica di necessità/opportunità, o meno, della revoca della patente di guida in via amministrativa a fronte della specifica misura di prevenzione cui nel caso concreto è sottoposto il suo titolare. E ciò, come detto, anche al fine di non contraddire l'eventuale finalità, di inserimento del soggetto nel circuito lavorativo, che la misura stessa si proponga".
Conseguentemente, quindi - alla luce dell'ulteriore riferimento operato dalla Corte Costituzionale al paventato "corto circuito all'interno dell'ordinamento, nel caso in cui l'utilizzo della patente sia funzionale alla "ricerca di un lavoro" … prescritta dal Tribunale" - occorrerà verificare, in primo luogo, se i relativi provvedimenti giurisdizionali di applicazione contengano tale prescrizione, la quale, ove presente, renderà necessaria un'ancora più attenta valutazione sull'opportunità di revocare il documento, alla luce del principio enucleato dalla decisione stessa.
In proposito, risulterà utile la disamina del contenuto dell'obbligo imposto in concreto al soggetto sottoposto a misura di prevenzione: in altri termini, occorrerà distinguere tra una prescrizione "generica" di reperire un'occupazione lavorativa e una più "circostanziata", specificante - a titolo esemplificativo - luoghi, orari, percorsi e altre peculiari indicazioni; in tale ultima fattispecie, al giudizio rimesso al Prefetto residuerebbero ridotti margini di valutazione.
Laddove, invece, la prescrizione de qua fosse meno dettagliatamente disciplinata, ben potrebbe essere giustificata una ponderata analisi comparativa dei contrapposti interessi da tenere in considerazione, la quale - oltre all'indubbia agevolazione rappresentata per l'interessato dalla titolarità della patente di guida nella ricerca di un'occupazione - valuti adeguatamente, in senso contrario, elementi di fatto come la durata della misura di prevenzione, le altre prescrizioni imposte dall'Autorità giudiziaria al soggetto sottoposto e la circostanza che a costui siano già state applicate, in passato, misure di prevenzione o misure di sicurezza personali.
Appare evidente, infatti, che, laddove la mera esigenza di ricerca o mantenimento del posto di lavoro dovesse venire ritenuta ipso facto preclusiva della revoca della patente prevista dall'articolo 120, comma 2, del codice della strada, quest'ultima disposizione non avrebbe più ragione di essere, almeno in parte qua.
Quanto agli ulteriori criteri da seguire nell'esercizio della discrezionalità prefettizia, si richiamano le indicazioni implicitamente desumibili dalla stessa sentenza n. 99/2020, in cui la Corte Costituzionale ricorda come possano essere "sottoposti a misure di prevenzione soggetti condannati o indiziati per ipotesi delittuose di differenti gravità - che vanno dai reati di elevato allarme sociale (come quelli di terrorismo e associativi di stampo mafioso) a reati di meno intenso pericolo sociale - ovvero anche (art. 1, lettera b, del d.lgs. n. 159 del 2011)", definendo, quindi, un primo elemento discriminante connesso al rilievo delle attività illecite contestate agli interessati.
Inoltre, andrà seguito l'ulteriore criterio della diversa "durata" e della "differente modulabilità" in concreto "della misura di prevenzione adottata".
Naturalmente, la prognosi legittimante la revoca della patente di guida risulterà tanto più fondata quanto più tempestivamente il provvedimento sarà stato emesso rispetto all'applicazione della misura di prevenzione.
Pure nella fattispecie in argomento non potrà prescindersi dall'acquisizione in sede istruttoria di un Certificato del Casellario Giudiziale dell'interessato rilasciato in data prossima all'adozione del decreto prefettizio in discorso, che potrebbe corroborare il giudizio di opportunità della revoca della patente di guida con il rinvio a pregiudizi penali di particolare gravità.
Occorrerà altresì sensibilizzare Uffici e Comandi delle Forze di polizia perché le loro segnalazioni finalizzate all'adozione dei provvedimenti di revoca della patente di guida vengano corredate da adeguati elementi informativi, in modo da fondare il giudizio di "necessità/opportunità" dell'emanazione dei provvedimenti stessi sulla base degli specifici precedenti penali dell'interessato e delle modalità tenute nei suoi comportamenti delinquenziali (ad esempio, la perpetrazione di reati con l'impiego di veicoli a motore), dai quali possa rilevarsi come la titolarità dell'abilitazione in parola determini riflessi sulla sicurezza pubblica tali da legittimare il provvedimento previsto dall'articolo 120, comma 2, del codice della strada, preordinato, com'è noto, al perseguimento dell'interesse pubblico all'attività di prevenzione generale e tutela della sicurezza pubblica.
Anche per la fattispecie in argomento dovrà essere verificata, infine, l'eventuale sussistenza di precedenti atti di sospensione o revoca dell'abilitazione alla guida emanati a seguito di violazioni di norme comportamentali del codice della strada.
Rimangono impregiudicati, naturalmente, ogni ulteriore autonoma valutazione ritenuta opportuna, nonché il ricorso ad altri specifici criteri individuati sulla base delle concrete fattispecie esaminate in sede locale.
Si richiama la necessità che il giudizio discrezionale operato ai fini dell'emanazione dei decreti di revoca della patente di guida in discorso sia adeguatamente esplicitato in modo inequivoco nella parte motiva degli atti stessi, nonché nel rapporto informativo da inviare a questo Ministero a fronte di ricorsi presentati ai sensi dell'articolo 120, comma 4, del codice della strada.
Particolare attenzione, infine, dovrà essere dedicata alle attività concernenti la difesa erariale nell'eventualità di opposizioni prodotte in sede giurisdizionale avverso i provvedimenti in argomento.
Con riferimento ai provvedimenti emanati precedentemente alla data di pubblicazione delle sentenze costituzionali sopra richiamate, si ritiene necessario che codesti Uffici procedano (come operato da alcune Prefetture a seguito della pubblicazione della sentenza n. 22/2018 e come sottolineato con la circolare n. 14419 del 10 ottobre 2019, a maggior ragione nel caso di decreti già oggetto d'impugnazione in sede giurisdizionale o dinanzi a questo Ministero ai sensi dell'articolo 120, comma 4, del codice della strada) al riesame e all'annullamento in autotutela degli stessi, in base ai princìpi generali, ove non rispondenti alle indicazioni del Giudice delle leggi, con contestuale avvio - sussistendone i presupposti in base alle pronunce della Corte - di un procedimento ai sensi della legge n. 241/1990, finalizzato all'emanazione di un nuovo provvedimento di revoca, ove non sia ancora spirato il limite temporale massimo previsto dall'articolo 120, comma 2, del codice della strada per l'esercizio del pertinente potere prefettizio.
Tanto nell'ottica di evitare il proliferare di contenziosi dal prevedibile esito negativo per l'Amministrazione, con le conseguenti spese determinate dalla soccombenza in giudizio a carico dell'Erario.
Il Vice capo dipartimento vicario
Tirone
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