I dati del conducente vanno comunicati anche se si fa ricorso. La mancata comunicazione comporta una seconda contravvenzione

Il proprietario dell’auto che riceve un verbale di accertamento alle norme sulla circolazione stradale contenente oltre alla sanzione pecuniaria anche il taglio dei punti dalla patente, ha 60 giorni di tempo dalla notifica del verbale per comunicare chi era effettivamente alla guida del mezzo. L’invito a effettuare la comunicazione è un vero e proprio obbligo che, se non rispettato, fa scattare una nuova sanzione.

La comunicazione va inviata anche se si decida di pagare. Una circolare del Ministero dell’Interno del 2011 aveva stabilito che chi fa ricorso contro una multa non doveva comunicare i dati del conducente prima della fine del giudizio di opposizione alla sanzione. Alcuni organi di polizia erano, fino ad oggi, abbastanza inclini a seguire tale prassi amministrativa.

Di recente è però intervenuta la sentenza n.18027/2018, depositata il 9 luglio 2018, della Cassazione la quale ha fissato un orientamento più restrittivo. Tale sentenza ha infatti stabilito che il termine di 60 giorni per comunicare i dati del conducente, nel caso di sanzioni amministrative che prevedano la decurtazione dei punti della patente, decorra dalla notifica del verbale principale e non dalla definizione dell’eventuale giudizio/procedimento di opposizione all’infrazione.

Per i giudici della Cassazione, quello previsto dall’art. 126-bis del Codice della strada, è un illecito istantaneo, del tutto autonomo rispetto all’infrazione che ne costituisce il presupposto. Pertanto l’eventuale proposizione del ricorso contro la sanzione non sospende l’obbligo di comunicare i dati.

Quindi, a prescindere dall’esito dell’impugnazione, il proprietario ha l’obbligo di collaborare con la pubblica amministrazione al fine di rendere noti i dati del conducente, senza attendere l’esito del giudizio sull’infrazione.

 

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