Cass. Civ. Sez. VI - Sent. 19/03/2019 mn. 7704 - L’illecito di guida con patente sospesa retroagisce fin dal momento del ritiro

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 10 gennaio – 19 marzo 2019, n. 7704

Presidente D’Ascola - Relatore Carrato

Fatti di causa e ragioni della decisione

Il Giudice di pace di Arezzo, con sentenza n. 441/2016, decidendo sull’opposizione proposta ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, dai sigg. V.N. (quale soggetto esercente l’attività di autotrasportatore trovato alla guida del veicolo) e V.G. (quale proprietario del veicolo) avverso un verbale di accertamento elevato dalla Polstrada di Perugia in ordine alla violazione di cui all’art. 218 C.d.S. 1992, comma 6, (oltre che avverso il conseguente verbale di fermo amministrativo), rigettava il relativo ricorso.

Sull’appello formulato dai predetti soccombenti opponenti e nella costituzione dell’appellato Prefetto di Firenze, il Tribunale di Arezzo, con sentenza n. 1259/2017, respingeva il gravame e condannava gli appellanti alla rifusione, in solido, delle spese del grado.

A sostegno della adottata decisione il Tribunale aretino ravvisava l’infondatezza dell’appello sulla scorta della condivisione dell’orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di violazioni del codice della strada, la sanzione amministrativa prevista dall’art. 218 C.d.S., comma 6, si applica non solo nei casi in cui la circolazione abusiva si verifichi successivamente all’adozione formale del provvedimento del Prefetto di sospensione della patente, ma anche quando la circolazione medesima si realizzi nel periodo di ritiro della patente da parte degli agenti accertatori, preordinato alla irrogazione della sua sospensione e di cui, perciò, anticipa l’efficacia.

Avverso l’indicata sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione i suddetti appellanti, articolato in quattro motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2 (rectius: n. 3), - la violazione o falsa applicazione dell’art. 218 C.d.S., comma 6, sull’asserito presupposto che la sanzione amministrativa conseguente all’accertata violazione della richiamata norma andrebbe applicata nei soli casi in cui la circolazione abusiva si verifichi successivamente all’adozione del provvedimento formale del competente Prefetto di sospensione della patente di guida.

Con la seconda censura i ricorrenti hanno denunciato - in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2 (rectius n. 3), - la violazione o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 3, avuto riguardo al ritenuto difetto dell’elemento psicologico e alla configurazione, nel caso di specie, della buona fede quale causa di esclusione della responsabilità amministrativa.

Con la terza doglianza i ricorrenti hanno prospettato - in virtù dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 - il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento all’assunta carenza o contraddittorietà della motivazione dell’impugnata decisione nella parte in cui aveva ravvisato la configurabilità della suddetta violazione di cui all’art. 218 C.d.S., comma 6, anche quando non sia stato emesso il provvedimento di sospensione della patente di guida.

Con il quarto ed ultimo motivo - non contenente alcuna deduzione di apposita violazione di legge - i ricorrenti hanno anche dedotto, in via consequenziale rispetto a quanto assunto con il primo e terzo motivo, che, nella fattispecie, avrebbe dovuto essere dichiarata anche l’illegittimità del correlato verbale di fermo amministrativo, perciò da annullare.

Su proposta del relatore, il quale rilevava che il primo motivo potesse essere ritenuto inammissibile o, comunque, manifestamente infondato e che gli altri potessero essere dichiarati manifestamente infondati (e il quarto, ancor prima, inammissibile) in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1) e 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio, in prossimità della quale il difensore dei ricorrenti ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 - bis c.p.c..

Rileva il collegio che il primo, terzo e quarto motivo (quest’ultimo, peraltro, non denunciante specificamente alcuna violazione di legge) - esaminabili congiuntamente, siccome all’evidenza connessi - sono infondati e devono, perciò, essere respinti.

Con l’impugnata sentenza il Tribunale di Arezzo si è, infatti, conformato al pregresso indirizzo giurisprudenziale di questa Corte -dal quale non si ha motivo di discostarsi - alla stregua del quale, con specifico riguardo alla violazione prevista dall’art. 218 C.d.S., comma 6, le relative sanzioni amministrative pecuniarie ed accessorie si applicano non solo nei casi in cui la circolazione abusiva si verifichi successivamente all’adozione formale del provvedimento del Prefetto di sospensione della patente, ma anche quando la circolazione medesima si realizzi nel periodo di ritiro della patente da parte degli agenti accertatori (e prima dell’adozione formale di detto provvedimento, come verificatosi nel caso di specie), preordinato alla irrogazione della sua sospensione e di cui, perciò, anticipa l’efficacia.

Tale principio è stato affermato con l’ordinanza di questa Corte n. 23457/2011, la quale è pervenuta al predetto risultato ermeneutico valorizzando la ratio del precetto normativo e la finalità tutelata dal legislatore pur in presenza di un dato formale riferito alla circolazione abusiva "durante il periodo di sospensione della patente" (che - si noti - non pone specifico riferimento alla necessità dell’adozione preventiva di un provvedimento formale prefettizio che disponga la misura sospensiva).

In proposito, con la richiamata ordinanza, è stato messo in rilievo (ponendosi riferimento anche allo specifico precedente rappresentato dalla sentenza della Cassazione penale 2 ottobre 1997, n. 10310) come la guida successiva al materiale ritiro della patente per guida, ancorché precedente l’adozione formale del provvedimento di sospensione da parte dell’autorità amministrativa al quale è funzionalmente ed inscindibilmente collegato, configura la violazione di cui all’art. 218 C.d.S., comma 6, (effettivamente contestata nel caso in questione). Invero, diversamente dal ritiro della patente di guida previsto dall’art. 216 C.d.S. (che è qualificato come una sanzione accessoria da applicarsi nei casi indicati dallo stesso codice della strada, che accede ad una sanzione principale), il ritiro del documento abilitativo alla guida che rinviene la sua disciplina nell’art. 218 C.d.S. non è - come correttamente sottolineato dal giudice di appello propriamente catalogabile come sanzione accessoria ma attiene ad una fase procedimentale propedeutica e direttamente funzionale all’applicazione della sospensione della patente di guida che, invece, è propriamente definibile come sanzione accessoria. Ed è proprio quest’ultima sanzione accessoria che trova applicazione nell’ipotesi della configurazione della violazione di cui all’art. 179 C.d.S. (come contestata nel caso di specie ed ai sensi del suo comma 9), ragion per cui il ritiro persegue, in effetti, una finalità anticipatrice dei suoi effetti (tanto è vero che, nel conseguente provvedimento prefettizio irrogativo si tiene conto, ai fini della determinazione della sua durata, anche del periodo immediatamente successivo all’avvenuto ritiro da parte dell’agente accertatore).

Come opportunamente evidenziato dal Tribunale aretino, questa ricostruzione deve ritenersi avallata anche dall’interpretazione operata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 330 del 1998, con la quale, si è statuito che pur essendo essa classificata come sanzione accessoria, requisito imprescindibile per garantirne l’efficacia è l’immediatezza dell’intervento della P.A., il quale si connota, oltre che per un profilo punitivo, anche e soprattutto per la funzione preventiva, mirando ad impedire che il conducente colto in violazione delle norme previste attinenti al C.d.S. prosegua in un’attività potenzialmente creativa di pericoli ulteriori.

La stessa Corte costituzionale ha aggiunto che, proprio nel caso particolare previsto dall’art. 218 C.d.S., l’attività dell’agente accertatore è da considerarsi strumentale rispetto alla successiva applicazione della sanzione da parte del prefetto, della quale anticipa gli effetti e l’effettività della misura sospensiva rimane assicurata proprio dal ritiro della patente, la quale viene messa rapidamente a disposizione dello stesso prefetto. L’anticipazione della sanzione risponde, dunque, alla necessità di garantire immediatamente le anzidette finalità di prevenzione; poi l’iter si completa attraverso l’acquisizione degli ulteriori elementi da parte del prefetto, che possono portare alla conseguente conferma, oppure alla revoca, del provvedimento adottato dall’agente, il che si pone in evidente armonia con l’impostazione sistematica complessiva del codice della strada, che non può considerarsi in contrasto col principio di buon andamento della P.A..

Pertanto, la violazione riconducibile all’art. 218 C.d.S., comma 6, deve considerarsi applicabile quando la circolazione abusiva si realizza anche nel corso del periodo di ritiro della patente preordinata alla irrogazione della sua sospensione, della quale anticipa l’efficacia (e di cui, perciò, persegue la stessa funzione), oltre che, naturalmente, quando la suddetta circolazione illecita si verifichi successivamente al momento dell’adozione formale del provvedimento di sospensione della patente.

Del resto (come sottolineato già dalla citata sentenza della Cassazione penale n. 10310 del 1997), equiparare la condotta di chi, ponendosi alla guida di un veicolo, si sottrae ad una sanzione accessoria già in atto per una violazione già definita con l’analogo comportamento di chi pone in essere un’omologa condotta nel corso del procedimento amministrativo non ancora conclusosi con l’adozione del provvedimento rispetto al quale il ritiro del documento ha un significato solo prodromico, significherebbe configurare lo stesso trattamento per situazioni completamente diverse in contrasto col principio di uguaglianza e non si comprenderebbe quale ragione giustificatrice possa aver ispirato il legislatore nel prevedere in norme distinte (gli artt. 216 e 218 C.d.S.), anziché in un’unica previsione, quella che avrebbe dovuto considerarsi la medesima fattispecie.

Poiché la sentenza impugnata è stata basata sui riferiti principi ed è stata supportata da un’adeguata ed univoca motivazione riconducibile all’esatta interpretazione degli stessi anche con riferimento ai richiamati precedenti giurisprudenziali, essa non merita censura, rivelandosi, perciò, infondato il primo (attinente propriamente alla supposta violazione o falsa applicazione dell’art. 218 C.d.S., comma 6), il terzo (poiché la motivazione sull’insussistenza della dedotta violazione è del tutto logica ed adegua) ed il quarto motivo (stante la legittimità dell’adozione anche del fermo amministrativo nel caso di accertamento dell’esaminata violazione, previsto espressamente dallo stesso art. 218 C.d.S., comma 6).

Anche il secondo motivo è destituito di fondamento giuridico non ricorrendo, nel caso di specie, i presupposti per l’esclusione dell’elemento psicologico nella commissione della contestata violazione e, quindi, per la configurazione di una condotta commessa in buona fede.

In primo luogo va, in proposito, ribadito il principio generale secondo cui, poiché ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 3, per integrare l’elemento soggettivo delle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa è sufficiente la semplice colpa, l’errore sulla liceità del fatto comunemente indicato come buona fede può rilevare come causa di esclusione della responsabilità - al pari di quanto avviene per la responsabilità penale in materia di contravvenzioni - solo quando risulti incolpevole e cioè non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza. Sulla base di ciò, il giudice di appello ha legittimamente escluso che potesse sussistere una condizione di buona fede dei contravventori posto che, in relazione alla contestata violazione di cui all’art. 179 C.d.S., gli stessi avrebbero dovuto - nella rispettiva qualità - essere consapevoli (in virtù, peraltro, del principio enunciato in materia penale dalla sentenza costituzionale n. 363 del 1988) della conseguente applicabilità della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida siccome direttamente prevista dalla legge, in ordine alla quale, quindi, il trasgressore, in generale, non può invocare, a titolo giustificativo, la propria ignoranza, oltretutto considerando che - nel caso di specie l’esercitata attività di autostrasporto poneva i contravventori nella condizione di rendersi conto della possibili conseguente della loro condotta (consistita nell’aver guidato e nell’aver consentito la circolazione dell’automezzo oggetto di controllo da parte degli agenti accertatori, così accettando il rischio di incorrere di una "circolazione abusiva", il cui impedimento costituisce proprio lo scopo riconducibile alla previsione di cui all’art. 218 C.d.S., comma 6).

Per tutte le esposte argomentazioni il ricorso deve essere integralmente rigettato, senza disporre nulla in ordine alle spese, non essendosi in questa fase costituiti gli intimati Prefetto di Perugia e Ministero dell’Interno.

Sussistono, inoltre, le condizioni per dare atto - ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, commi 1 e 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 – quater - dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 - quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 - bis.

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