Cass. civ. sez. VI . Ord. 17/07/2019 n. 19121 - Incapacità a deporre per il terzo trasportato in caso di incidente stradale

Cass. civ. sez. VI . Ord. 17/07/2019 n. 19121

ORDINANZA

sul ricorso 21628-2017 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato CARMINE LATTARULO;

- ricorrente -

contro

ALLIANZ SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 17/A, presso lo studio dell'avvocato MICHELE CLEMENTE, che la rappresenta e difende;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 825/2017 del TRIBUNALE di TARANTO, depositata il 23/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

Svolgimento del processo

1. Nel 2013 M.R. convenne dinanzi al Giudice di pace di Taranto la società Allianz s.p.a., nella sua veste di impresa designata per conto del Fondo di Garanzia Vittime della Strada, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un sinistro stradale avvenuto a (OMISSIS) il 25.8.2011. L'attrice dedusse che la responsabilità del sinistro andava ascritta al conducente di un veicolo rimasto sconosciuto perché allontanatosi dopo il fatto, il quale invadendo l'opposta corsia di marcia, investì frontalmente il mezzo condotto dall'attrice.

La Allianz si costituì contestando la veridicità del fatto.

2. Con sentenza 26.6.2014 n. 1771 il Giudice di pace di Taranto accolse la domanda.

La sentenza venne appellata in via principale da M.R., la quale si dolse della sottostima del danno (dedusse, in particolare, che non le era stato risarcito il danno emergente rappresentato dalle spese sostenute per procacciarsi l'assistenza legale nella fase delle trattative stragiudiziali); ed in via incidentale dalla Allianz, la quale si dolse dell'accoglimento della domanda risarcitoria.

3. Con sentenza 23.3.2017 n. 825 il Tribunale di Taranto accolse l'appello incidentale e rigettò quello principale.

Il Tribunale motivò la propria decisione affermando che l'unica testimone escussa, sorella dell'attrice e trasportata sul veicolo da questa condotto al momento del fatto, poiché era rimasta danneggiata dal sinistro, fosse incapace a deporre ex art. 246 c.p.c., a nulla rilevando che fosse stata già risarcita.

Di conseguenza, espunto, dal novero delle prove la suddetta testimonianza, ritenne non provata la circostanza del coinvolgimento di un secondo veicolo nel sinistro, e rigettò la domanda di risarcimento proposta da M.R..

4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da M.R., con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.

Ha resistito con controricorso la Allianz.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 2054, 2055 c.c.; dell'art. 246 c.p.c.; del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 141.

Nella illustrazione del motivo la ricorrente esordisce segnalando l'esistenza d'un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte. Riferisce che secondo un primo orientamento il testimone che abbia subito danno in conseguenza d'un sinistro stradale, sarebbe incapace a deporre nel giudizio di risarcimento proposto da altra persona quando sia stato risarcito, e quindi non abbia più un interesse concreto ed attuale a partecipare a quel giudizio. Per un diverso orientamento, invece, il testimone che sia rimasto danneggiato da un sinistro stradale sarebbe sempre incapace a deporre nel giudizio di risarcimento del danno introdotto da altra persona rimasta danneggiata nel medesimo sinistro, anche quando il testimone medesimo sia stato risarcito od abbia rinunciato al proprio diritto.

Premesso ciò, la ricorrente deduce che l'uno e l'altro di tali orientamenti dovrebbero essere rimeditati, quando la persona da escutere come testimone sia un trasportato, che abbia patito danni in conseguenza del sinistro oggetto del giudizio.

Il trasportato, infatti, beneficia di un particolare statuto normativo di favore, in quanto l'art. 141 cod. ass.. Gli attribuisce il diritto ad essere risarcito dall'assicuratore del vettore a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei veicoli coinvolti nel sinistro.

Da questo rilievo la ricorrente trae la conclusione che il trasportato, per definizione, non potrebbe mai essere titolare di un interesse "concreto ed attuale" a vedere accolta la domanda proposta dal vettore nei confronti di un terzo, e quindi ad intervenire nel relativo giudizio, dal momento che non ha l'obbligo né la necessità di dimostrare la responsabilità del vettore.

1.2. Il motivo è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c..

E' infatti assolutamente pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, che la vittima di un sinistro stradale, anche se già risarcita, è incapace a deporre nel giudizio pendente tra altra vittima e il responsabile: così Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 12660 del 23.5.2018; nello stesso senso Sez. 3, Sentenza n. 19258 del 29/09/2015, Rv. 636973 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 16541 del 28/09/2012, Rv. 623759 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 13585 del 21/07/2004, Rv. 575427 - 01.

Il principio in questione rimonta a Sez. 3, Sentenza n. 1580 del 01/06/1974, Rv. 369751 - 01, secondo cui "la configurabilità in capo ad un soggetto di quell'interesse concreto ed attuale che sia idoneo ad attribuirgli, in relazione alla situazione giuridica che forma oggetto del giudizio, la legittimazione a chiedere nello stesso processo il riconoscimento di un proprio diritto o a contrastare quello da altri fatto valere e che lo rende incapace a testimoniare, dev'essere valutato indipendentemente dalle vicende che rappresentano un posterius rispetto alla configurabilità di quell'interesse; pertanto l'eventuale opponibilità della prescrizione cosi come non potrebbe impedire la partecipazione al giudizio del titolare del diritto prescritto, cosi non può rendere tale soggetto carente dell'interesse previsto dall'art. 246 c.p.c. come causa d'incapacità a testimoniare.

La vittima di un sinistro stradale, infatti, ha sempre un interesse giuridico, e non di mero fatto, all'esito della lite introdotta da altro danneggiato contro un soggetto potenzialmente responsabile nei confronti del testimone.

Infatti, anche quando il diritto del testimone sia prescritto o sia estinto per adempimento o rinuncia, egli potrebbe pur sempre teoricamente intervenire nel giudizio proposto nei confronti del responsabile per far valere il diritto al risarcimento di danni a decorso occulto, o lungolatenti, o sopravvenuti all'adempimento e non prevedibili al momento del pagamento, danni che come ripetutamente affermato da questa Corte sfuggono tanto alla prescrizione (che non decorre con riguardo ai danni ignorati e non conoscibili dalla vittima), quanto agli effetti del c.d. "diritto quesito", quando non siano stati prevedibili al momento dell'adempimento o della rinuncia.

1.3. Né sul tema in questione esiste il contrasto che la parte odierna ricorrente ha ritenuto di ravvisare.

In particolare, non è esatto che secondo alcune decisioni il testimone incapace a deporre sarebbe solo quello titolare di un interesse "attuale e concreto", mentre secondo altre decisioni sarebbe incapace a deporre anche il testimone titolare di interessi "non attuali e non concreti".

Se, infatti, si spostasse l'analisi della giurisprudenza, come si dovrebbe, dalle massime alle motivazioni, è agevole avvedersi che tutte le decisioni richiamate dal ricorrente alla pagina 3, nota 1, del proprio ricorso, indicate quali espressione dell'orientamento più "liberale", hanno usato la formula "interesse attuale e concreto" quale sinonimo di "interessi giuridicamente rilevanti", ed in antitesi al concetto di "interesse di mero fatto". Non hanno, invece, affatto voluto affermare il principio invocato dal ricorrente, ovvero che l'avvenuto risarcimento estingua l'interesse del testimone a deporre nel giudizio in cui si converta del fatto illecito che gli ha causato danno.

Illuminante, in tal senso, è la motivazione di Sez. 2, Sentenza n. 9353 dell'8.6.2012, citata dalla stessa ricorrente, ove si legge che "l'incapacità prevista dall'art. 246 c.p.c. si verifica solo quando il teste è titolare di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso sì da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua testimonianza, con riferimento alla materia che ivi è in discussione. Non ha, invece, rilevanza l'interesse di fatto ad un determinato esito del giudizio stesso".

Tale principio è stato puntualmente applicato in tutte le decisioni citate dalla ricorrente a p. 3, nota 1, del ricorso. In particolare:

-) Sez. 3, Sentenza n. 21106 del 16.9.2013 ha ritenuto incapace a deporre il mandatario dell'acquirente di un immobile, nonostante il mediatore avesse rinunciato a qualsiasi provvigione nei suoi confronti;

-) Sez. 2, Sentenza n. 9353 dell'8.6.2012, ha ritenuto capace a deporre il mediatore, nella lite pendente tra il venditore e l'acquirente, non perché titolare di un interesse "non concreto e non attuale", sul presupposto che l'oggetto del giudizio (il pagamento del pezzo) fosse diverso da quello che dell'interesse del testimone (il pagamento della provvigione);

-) Sez. 3, Sentenza n. 1022 del 25.1.2012 non è pertinente rispetto al presente giudizio, in quanto aveva ad oggetto il diverso problema della rilevabilità d'ufficio dell'incapacità a deporre;

-) Sez. L, Sentenza n. 11034 del 12.5.2006, ha ritenuto capace a deporre, nel giudizio di impugnativa d'un licenziamento individuale, il lavoratore oggetto della medesima misura, non perché titolare di un interesse "non concreto e non attuale", ma perché titolare di un interesse di mero fatto, e quindi non giuridico, all'esito della lite;

-) Sez. 3, Sentenza n. 7677 del 13.4.2005, ha ritenuto capace a deporre, nella controversia tra assicurato ed assicuratore, un terzo proprietario di parte dei beni danneggiati dal sinistro, sul presupposto che questi, non essendo parte del contratto né beneficiario del diritto all'indennizzo, non avesse alcun interesse giuridicamente rilevante, ex art. 100 c.p.c., all'esito della lite;

-) Sez. L, Sentenza n. 12317 del 21.8.2003, è irrilevante rispetto all'oggetto del presente giudizio, avendo affermato il principio per cui non è causa d'incapacità a deporre l'avere previamente riferito, sui medesimi fatti, dinanzi all'autorità amministrativa e nell'ambito d'un procedimento amministrativo;

-) Sez. L, Sentenza n. 9652 del 16.6.2003 è del tutto irrilevante rispetto ai nostri fini, in quanto non ha affatto affrontato il problema dell'incapacità a testimoniare, se non in un fuggevole obiter estraneo all'oggetto della decisione;

-) Sez. L, Sentenza n. 2618 del 20/03/1999, dopo avere ribadito che l'interesse il quale rende il testimone incapace a deporre è quello giuridico e non di fatto, ha escluso che costituisca un interesse "giuridico", affermando al contrario che costituisce interesse "di mero fatto", quello che un testimone può avere a che venga decisa in un certo modo la controversia in cui esso sia stato chiamato a deporre, pendente tra altre parti ma identica a quelle vertente tra lui ed altro soggetto che sia, a sua volta, parte del giudizio in cui la deposizione deve essere resa;

-) analogo oggetto ed analogo esito, rispetto alla decisione da ultimo ricordata, ebbe altresì Sez. L, Sentenza n. 6932 del 13/08/1987, concernente il caso di testimoni che avevano reso reciproca testimonianza in cause diverse ma connesse, in cui ciascuno di essi era, di volta in volta, parte o testimone (ferma restando, ovviamente, la libertà del giudice di valutare tale circostanza sul piano dell'attendibilità);

-) Sez. 3, Sentenza n. 2363 del 12/04/1984, e Sez. 1, Sentenza n. 5272 del 13/10/1982, hanno affermato i medesimi principi già affermati da Sez. 2, Sentenza n. 9353 dell'8.6.2012, sopra ricordata;

-) Sez. L, Sentenza n. 3231 del 15/05/1980, non è pertinente ai nostri fini, in quanto aveva ad oggetto il diverso problema della rilevabilità d'ufficio dell'incapacità a deporre.

1.4. La circostanza, poi, che il testimone chiamato a deporre nel giudizio di risarcimento del danno causato da un sinistro stradale fosse una persona trasportata su uno dei veicoli coinvolti, non lo rende affatto capace a deporre, quando abbia riportato danni in conseguenza del sinistro oggetto del giudizio.

Posto, infatti, che l'incapacità a deporre sussiste quando il testimone possa teoricamente intervenire nel giudizio in cui è chiamato a deporre, nessuna influenza può avere sul problema qui in esame la circostanza che la persona trasportata su un veicolo possa beneficiare delle presunzioni previste dall'art. 2054 c.c. o dall'art. 141 cod. ass..

Anche la responsabilità del vettore e del suo assicuratore nei confronti del trasportato, infatti, è pur sempre una responsabilità per colpa presunta, e non una responsabilità oggettiva (da ultimo, in tal senso, Sez. 3 -, Sentenza n. 4147 del 13/02/2019, Rv. 652744 - 01).

Il trasportato danneggiato, pertanto, ha un interesse giuridico, e non di mero fatto, all'esito della lite introdotta tanto dal vettore contro l'antagonista, quanto a quella introdotta da quest'ultimo contro il primo.

Così nell'uno, come nell'altro caso, infatti, il trasportato-testimone può avere interesse, esemplificando:

-) all'accertamento della responsabilità concorsuale dei due conducenti, per beneficiare del cumulo di due massimali assicurativi;

-) all'accertamento della responsabilità concorsuale dei due conducenti, per potere inoltrare la propria richiesta ad un secondo debitore, nel caso di renitenza od insolvenza del primo;

-) all'accertamento dell'assenza della ricorrenza d'un caso fortuito, per potere evitare che il vettore si sottragga alla propria responsabilità invocando il disposto dell'art. 141 cod. ass..

1.5. Resta solo da aggiungere come questo Collegio ritenga che le conclusioni appena esposte non meritino di essere riviste alla luce di quanto dedotto dalla ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., ovvero la decisione pronunciata da Sez. 3 - , Ordinanza n. 1279 del 18/01/2019, Rv. 652470 - 02.

Con tale decisione è stata cassata con rinvio la decisione di merito che, nel giudizio proposto da persona trasportata, aveva ritenuto incapaci a deporre il conducente del veicolo sul quale viaggiava la vittima, e quello di altro veicolo coinvolto nel sinistro.

Tale decisione tuttavia, al di là taluni obiter concernenti l'interpretazione dell'art. 246 c.p.c., come tali non vincolanti e comunque superati dalla più recente giurisprudenza sopra ricordata (Cass. 4147/19, cit.), ha accolto il ricorso sul presupposto che il giudice di merito non aveva valutato e motivato in merito all'esistenza dell'interesse attuale e concreto del testimone: e dunque non ha affatto ammesso che, sempre e comunque, il conducente d'un veicolo a motore possa deporre quomodolibet nel giudizio di risarcimento introdotto dalla persona da lui trasportata.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo il ricorrente, col quale lamenta l'omessa pronuncia sul motivo d'appello concernente la domanda di risarcimento delle spese stragiudiziali.

Esso resta assorbito, in quanto proposto solo nel presupposto che fosse accolto il primo.

3. Le spese.

3.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell'art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

3.2. L'inammissibilità del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) condanna M.R. alla rifusione in favore di Allianz s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.500, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di M.R. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 21 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

 

Tags: risarcimento danni

Stampa