Cass. pen. sez. II - Sent. 10/12/2018 n. 55180 - Parcheggiatori abusivi - Reato di truffa e di sostituzione di persona

Cass. pen. sez. II - Sent. 10/12/2018 n. 55180

Parcheggiatori abusivi - Reato di truffa e di sostituzione di persona

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 03/03/2017 la Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Firenze in data 16/06/2015 appellata dal Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze nonché dagli imputati X, Y, Z, XX e ZZ dichiarava gli imputati responsabili del reato di cui all' art. 494 cod. pen., come loro contestato in concorso formale con il reato di cui all' art. 640 cod. pen., e rideterminava le pene, ritenendo per ilY l' equivalenza fra le attenuanti di cui all' art. 62 n. 4 e 62 bis cod. pen. e la contestata recidiva.

1.1. La corte territoriale assumeva che la condotta posta in essere dagli imputati integrava gli estremi del reato di truffa essendo emerso che gli stessi, attraverso artifici e raggiri, avevano preteso, per lo più da soggetti stranieri, il pagamento di somme per il parcheggio in Piazza Vittoria Veneto, Firenze, somme in realtà non dovute in quanto trattavasi di giorno festivo, escludendo la configurabilità della semplice violazione amministrativa di cui all' art. 7 comma 15 bis Codice della Strada.

Riteneva, altresì, in accoglimento della impugnazione del Pubblico Ministero, che era configurabile anche il reato di sostituzione di persona ex art. 494 cod. pen., contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, in quanto gli imputati si erano abusivamente attribuiti la qualifica di addetti alla esazione di somme per la sosta nell' area di parcheggio del Comune di Firenze, condotta non assorbita nella fattispecie di cui all' art. 640 cod. pen. in ragione della diversità dei beni giuridici protetti.

2. Contro detta sentenza propongono ricorsi per Cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori, gli imputati, Y, Z, XX, ZZ e X.

2.1. Y formula sei motivi: a. violazione di legge in relazione agli artt. 381 comma 3, 336, 337 comma 2, 357 comma 2 lett. a) 109, 143 cod. proc. pen. nonché motivazione mancante o apparente quanto alla condizione di procedibilità del reato di truffa semplice.

Lamenta che la corte territoriale non aveva adeguatamente argomentato in ordine alla contestazione secondo cui l' atto di querela formulato da I e ricevuto dall' appuntato dei C.C. M.R. non poteva essere utilizzato in quanto nullo, atteso che il predetto soggetto straniero non conosceva la lingua italiana, occorrendo la nomina di un interprete, adempimento che non poteva essere svolto dall' ufficiale di P.G.;
b. violazione di legge nonché motivazione mancante, apparente e illogica in punto di configurabilità del reato di truffa in danno del sig. I.

Lamenta che i datti fattuali emersi escludevano la sussistenza di artifici e raggiri, dell' affidamento della persona offesa I Igor quanto alla condotta degli imputati, della idoneità della condotta abusiva o illecita a trarre in inganno lo stesso avendo, peraltro, quest' ultimo dichiarato di avere avuto dei sospetti circa il ruolo dei parcheggiatori, sicchè andava esclusa una condotta truffaldina.

Deduce che i giudici di merito erano incorsi in un vero e proprio travisamento della prova atteso che avevano fatto discendere dalla presenza di più soggetti in un' area di sosta pubblica, dalla presenza di alcune pettorine fosforescenti e dalla disponibilità di blocchetti di ricevute e, quindi, dalla astratta presunzione della legittimità della pretesa (dazione di denaro per sosta), la prova della sussistenza degli artifici e raggiri, della idoneità ingannatoria degli stessi in danno dell' I e degli altri elementi oggettivi costitutivi del reato di truffa.

Rileva che la motivazione era illogica ed errata laddove aveva attribuito al Y una condotta concorsuale qual è quella, del tutto inesistente, di aver indicato all' I lo stallo libero ove parcheggiare la propria auto, così finendo per strumentalizzare e travisare il gesto di alzare il braccio ed indicare la direzione verso il centro della città ai coniugi I solo dopo che gli stessi avevano parcheggiato l' autovettura in quell' area; c. violazione di legge e difetto motivazione in relazione agli artt. 110 e 640 cod. pen.

Lamenta che la corte d'appello aveva fatto discendere in maniera del tutto apodittica la sussistenza del concorso nel delitto di truffa nonché quello di sostituzione di persona dall' esistenza "presunta" di un preliminare accordo per la gestione parcheggio, dal "contestuale stazionamento in quel!' area di parcheggio", dal comune abbigliamento, dal fatto di avvicinarsi agli automobilisti "in formazione varia" indirizzandoli verso posti liberi chiedendo loro dei soldi e, quindi, da una condotta organizzata e "deliberatamente adottata dagli imputati" per fare apparire un'area quale luogo di sosta a pagamento.

Deduce che, in realtà tutti, gli elementi in questione più che connotare e provare la sussistenza di un concorso nel reato di truffa descrivevano la condotta, rilevante esclusivamente sotto il profilo amministrativo, prevista dall'art. 7 comma 15 bis del C.d.S. che stabilisce una sanzione per coloro i quali esercitano abusivamente, anche avvalendosi di altre persone, una'attività di parcheggiatore o guardiamacchine e che, per altro verso giudici di merito non avevano chiarito sotto quale profilo la condotta del Y avesse rappresentato un contributo necessario al perfezionamento del reato, non risultando comprovato in alcun modo un suo concorso morale e materiale rispetto ai propositi criminosi del coindagato DD in danno dell' I; d. violazione di legge e difetto motivazione in relazione all' art. 494 cod. pen.

Lamenta che, anche con riferimento al riconoscimento del delitto di sostituzione persona ex art. 494 cod. pen. gli elementi in forza dei quali la corte territoriale aveva ritenuto sussistente tale fattispecie erano meramente descrittivi della figura del posteggiatore abusivo e della illiceità amministrativa di questa attività mentre non poteva ritenersi in alcun modo sussistente una falsa attribuzione a sé di una qualità dal quale far derivare determinati effetti giuridici avendo avuto la stessa persona offesa sin da subito, come riconosciuto dall' I, il dubbio ed il sospetto che il Y ed altri fossero posteggiatori abusivi, quindi, anche sotto tale profilo, la condotta realmente sussistente era quella sanzionata dal citato art. 7 comma 15 bis Codice della Strada; e. violazione di legge e difetto motivazione in relazione all' art. 7 comma 15 bis Codice della Strada.

Deduce che in forza del principe specialità e di quella tassatività, la condotta astrattamente attribuibile al Y non poteva che essere quella di posteggiatore abusivo sanzionata in sede amministrativa mentre la motivazione della corte d'appello per escludere la rilevanza di tale condotta sotto il profilo dell'illecito amministrativo era totalmente carente; d. violazione di legge e difetto motivazione in ordine alla trattamento sanzionatorio, all' l'omesso riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 n.6 cod. pen. ed in relazione al giudizio di bilanciamento fra circostanze.

Assume che: il trattamento sanzionatorio era sproporzionato ed eccessivo; l' aumento per la continuazione era del tutto immotivato; erroneamente i giudici di merito avevano negato l'applicazione circostanza di cui all' art. 62 n.6 cod. pen. non considerando che l'imputato si era attivato per dimostrare la sua volontà di reintegrare l' intero danno; il giudizio di equivalenza fra circostanze era del tutto arbitrario ed immotivato.

2.2. Z e XX, con un unico atto a mezzo del medesimo difensore, deducono tre motivi: a. violazione di legge in relazione agli artt. 581 comma 1, lett. c), 591 coma 1 lett. c) e 597 comma 1 cod. proc. pen. La difesa dei suindicati imputati lamenta che l' impugnazione del P.M., anche in punto di configurabilità del reato di cui all' art. 494 cod. pen., era stata formulata in modo del tutto generico ed aspecifico, ragione per cui l'inammissibilità dell' appello, non rilevata dal giudice dell' impugnazione, doveva, comunque essere dichiarata in questa sede.

Deduce che la corte d'appello aveva esaminato un punto non devoluto in quanto l' appello proposto dal Pubblico Ministero non aveva affrontato il profilo del rapporto di specialità fra la previsione di quell'art. 494 cod. pen. e la disposizione del Codice della Strada laddove la condanna pronunciata in appello si fondava proprio sull'esclusione di tale relazione tra le due disposizioni; b. violazione di legge in relazione alli art. 597 comma 1 cod. proc. penale.

La difesa assume che dal momento che la richiesta di condanna degli imputati per il delitto di sostituzione di persona riguardava soltanto il capo di imputazione sub b) - come chiaramente indicato nella rubrica dell'atto di appello - la sentenza doveva ritenersi viziata in quanto la condanna pronunciata in relazione al delitto ex art. 494 cod. pen. per il reato di cui al capo a) a carico di entrambi i ricorrenti con correlativa pena riguardava un capo della sentenza di primo grado non impugnato dall' ufficio; c. violazione di legge e difetto motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio.

Lamenta che la corte d'appello aveva rideterminato l'aumento per la continuazione senza alcuna motivazione circa parametri di riferimento, motivazione ancor più necessaria in ragione del fatto che era stato superato l'aumento minimo di cui all'art. 81 comma 4 cod. pen.

2.3. ZZ formula due motivi, fa di loro connessi, con i quali lamenta violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all' affermazione di responsabilità per i reati di concorso in truffa e sostituzione persona.Assume che la corte territoriale, omettendo di valutare gli specifici motivi di censura formulati dal ricorrente, attraverso una motivazione carente, apodittica e priva della necessaria specificità descrittiva delle singole posizioni aveva espresso un giudizio di responsabilità di tutti gli imputati in ordine ai reati in contestazione sebbene non erano stati indicati elementi idonei ad individuare il ricorrente quale soggetto compartecipe della truffa, non avendo la corte territoriale chiarito se nell'unica occasione in cui il ZZ si era avvicinato ad una autovettura indossava o meno la casacca fluorescente, aveva con sè le ricevute del parchimetro o aveva provveduto alla divisione dei proventi, precisando che la corte non aveva chiarito quale contributo causale aveva offerto il predetto imputato così da potergli attribuire la compartecipazione al reato di truffa a titolo di concorso.

2.4. X, con un unico motivo, lamenta violazione di legge e difetto di motivazione per avere la Corte territoriale, del tutto apoditticamente, affermato la configurabilità del reato di truffa e non già la sussistenza della violazione amministrativa di cui all' art. 7 comma 15 bis Codice della Strada, non valutando che nella specie non era ravvisabile una vera e propria induzione in errore con riferimento alla truffa ipotizzata in danno dei coniugi I.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ricorso di Y

1.1. Osserva questo collegio che il primo motivo è del tutto privo di fondamento in quanto non sussiste la violazione delle norme invocate e la motivazione della sentenza appellata appare corretta in diritto nella parte in cui ha rigettato l' eccezione di nullità oggi reiterata.

In questa sede occorre dare seguito al condivisibile orientamento secondo cui poiché non sussiste l'obbligo di nominare un interprete per le persone diverse dall'indagato, non può ravvisarsi alcuna nullità della querela, ostandovi peraltro il principio di tassatività fissato dall'art. 177 cod. proc. pen., nell'ipotesi che essa sia presentata da persona straniera che non conosca perfettamente la lingua italiana ma venga sentita da persona verbalizzante che è in grado di raccoglierne le dichiarazioni (Sez. 3, n. 370 del 23/11/2006 - dep. 11/01/2007, Ilie, Rv 23584801).

1.2. Il secondo ed il terzo motivo di impugnazione - i quali possono essere esaminati congiuntamente in quanto fra loro connessi - sono manifestamente infondati.

1.2.1. Osserva il collegio che la corte di appello ha correttamente e congruamente motivato in ordine alla configurabilità del reato di truffa in ragione degli artifici e raggiri posti in essere dal Y e dagli altri imputati i quali, nel sostare presso gli appositi stalli, si sono spacciati per parcheggiatori autorizzati, anche attraverso l' utilizzo di apposite pettorine ed il rilascio di apposite ricevute, chiedendo il pagamento di somme per il parcheggio di auto su un' area comunale, somme in realtà non dovute trattandosi di giorno festivo in cui non era previsto sulla base dei regolamenti comunali il pagamento di alcuna somma per il parcheggio.

La corte territoriale, con argomentazioni in fatto non censurabile in questa sede ha, pure, chiarito la ragione per la quale tenuto conto delle complessive emergenze processuali e segnatamente delle dichiarazioni della persona offesa nonché del carabiniere operante e delle risultanze della registrazione video effettuata dalla P.G. era emerso il coinvolgimento di tutti gli imputati ognuno dei quali aveva concorso, a vario titolo, nelle condotte truffaldine descritte.

A fronte di tale quadro probatorio ricco di plurimi e convergenti indizi posto che la Corte territoriale ha adeguatamente esaminato le doglianze difensive ed ha dato conto del proprio convincimento sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione, esaurientemente argomentando circa la pronuncia di responsabilità per il reato di truffa, gli argomenti addotti dal difensore di Y vanno disattesi in quanto si limitano ad una mera contestazione dei medesimi ed a prospettare, su singoli indizi, tesi alternative rimaste prive di ogni riscontro.

1.2.3. Occorre, ancora, rilevare che nel caso di cosiddetta "doppia conforme", il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. e) cod. proc. pen. solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti - con specifica deduzione - che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016 - dep. 20/02/2017, La Gumina e altro, Rv. 26921701); nella specie si è trattato del medesimo materiale istruttorio valutato dai giudici di merito quale espressione della condotta fraudolenta contestata.

1.2.4. Va pure precisato che in tema di truffa, qualora sia stato accertato il nesso di causalità tra l'artificio o il raggiro e l'altrui induzione in errore, non è necessario stabilire l'idoneità in astratto dei mezzi usati quando in concreto essi si siano dimostrati idonei a trarre in errore ne' vale ad escludere il delitto l'eventuale difetto di diligenza della persona offesa. Deve ritenersi che nel reato di truffa l'idoneità del raggiro o dell'artificio, dimostrata dall'effetto raggiunto (nella specie il pagamento della tariffa di parcheggio non dovuta) non può escludersi se pure sia provato che il soggetto indotto in errore abbia sospettato il raggiro o l'artificio stesso, rimanendo, dunque, irrilevante il dubbio serbato dalla persona offesa I il quale, secondo quanto prospettato dalla difesa ed emerso nel corso del dibattimento, avrebbe manifestato diffidenza e dubitato che i soggetti in questione non fossero parcheggiatori autorizzati.

La legge non esige, ai fini della configurabilità del delitto di truffa, che gli artifici o raggiri posti in essere l'agente siano in astratto e generalmente idonei a sorprendere l'altrui buona fede ma si richiede che lo siano in concreto cioè in rapporto alla particolarità del fatto ed alle modalità di esecuzione, per cui una volta che gli artifici o raggiri siano posti in essere è sufficiente, per l'esistenza del reato, accertare che l'errore in cui si è caduta la vittima sia stato conseguenza di detti artifici o raggiri.

Non appare, quindi, condivisibile la tesi, sia pure sostenuta da certa dottrina, secondo cui non potrebbe ritenersi sussistente il delitto di truffa in tutte quelle situazioni in cui la presunta condotta truffaldina risulti accompagnata da una congerie elementi in grado di instillare un concreto dubbio della presunta vittima tale da indurla ad attivarsi per la puntuale verifica delle situazioni prospettate; basta solamente accertare, ai fini della configurabilità del restao, la concreta induzione in errore della vittima a seguito degli artifici o raggiri a nulla rilevando la eventuale ignoranza o leggerezza della vittima ovvero la sussistenza di una condotta grossolanamente fraudolenta.

1.3. Manifestamente infondato è il quarto motivo di impugnazione. Posto che integra il delitto di sostituzione di persona qualsiasi condotta ingannevole tesa a far attribuire all'agente, da parte del soggetto passivo, un falso nome o un falso stato o false qualità personali cui la legge attribuisce specifici effetti giuridici (Fattispecie in cui l'imputata aveva dichiarato alle persone offese di dover svolgere un controllo sulla loro salute, inducendole così a ritenere di trovarsi di fronte ad una dipendente di una struttura sanitaria pubblica) (Sez. 6, n. 4394 del 08/01/2014 - dep. 30/01/2014, Spinelli, Rv. 25828101) deve ritenersi immune da censure la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto configurabile in capo alY ed agli altri imputati il reato di cui all' art. 494 cod. pen. per avere gli stessi abusivamente utilizzato la qualità di soggetti addetti ad un parcheggio pubblico.

1.3.1. Osserva, poi, il collegio che del tutto infondata è la contestazione delY secondo cui il reato non sarebbe configurabile in ragione del dubbio della vittima che lo stesso fosse un posteggiatore abusivo in quanto ciò che rileva è il dato oggettivo della condotta sussumibile nella fattispecie di cui alli art. 494 cod. pen. e riferibile al predetto per essersi falsamente attribuito la qualifica di soggetto addetto alli esazione di somme per la sosta in un' area pubblica.

1.4. I giudici di merito, con motivazione congrua in fatto e corretta in diritto, hanno anche evidenziato che doveva escludersi la configurabilità del semplice illecito amministrativo di cui all' art. 7 comma 15 bis del C.d.S. in quanto nella specie la peculiarità era costituita dall' utilizzo di strumenti (le divise, le ricevute di parcheggio e la richiesta di specifica tariffa) idonei ad ingannare la vittima laddove la sanzione amministrativa mira a colpire chi svolge, senza autorizzazione, l' attività di parcheggio e riceve una somma di denaro liberamente versata dall' automobilista e d'altronde la disposizione fa salva l' ipotesi che la condotta costituisca reato, risultando, pertanto, del tutto privo di fondamento anche il quinto motivo di impugnazione.

1.5. Manifestamente infondate sono, infine, le contestazioni relative al trattamento sanzionatorio. Va osservato che in tema di determinazione della pena nel reato continuato, non sussiste obbligo di specifica motivazione per gli aumenti relativi ai reati satellite, essendo sufficienti a questi fini le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base (Sez. 4, n.23074 del 22/11/2016 - dep. 11/05/2017, Paternoster e altro, Rv. 27019701), pena base nella specie è stata correttamente determinata, in misura quasi pari al minino edittale, facendo riferimento ai parametri di cui all' art.133 cod. pen. Sono parimenti prive di rilievo alcuno le contestazioni circa il giudizio di bilanciamento, legittimamente effettuato dal giudice nell' esercizio dei poteri discrezionali che gli competono.

Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono, infatti al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017 - dep. 26/06/2017, Pennelli, Rv. 27045001).

1.5.1. Occorre, infine, rilevare che ai fini della configurabilità della circostanza attenuante di cui all'art. 62, comma primo, n. 6, cod. pen., il risarcimento del danno deve essere volontario, integrale, comprensivo sia del danno patrimoniale che morale, ed effettivo (Nella specie, è stata esclusa l'applicabilità della circostanza attenuante in considerazione del comportamento dell'imputato che aveva risarcito il solo danno patrimoniale a seguito di una messa in mora da parte della parte lesa ed aveva successivamente agito in sede civile per il recupero delle somme corrisposte a tale titolo) (Sez. 6, n. 6405 del 12/11/2015 - dep. 17/02/2016, Minzolini, Rv. 26583101).

Nella specie non risulta che via sia stata alcuna offerta da parte dell' imputato relativa al risarcimento del pregiudizio di ordine morale subito dalla vittima e per altro verso il risarcimento del danno patrimoniale non è stato offerto nelle forme di legge, apparendo non determinante l' invio di una semplice raccomandata risultata, peraltro, pacificamente non recapitata alla vittima.

2. Ricorsi di Z e XX.

2.1. Del tutto infondate sono le censure formulate dai ricorrenti Z e XX, con il primo motivo, secondo cui l' impugnazione del P.M., anche in punto di configurabilità del reato di cui alli art. 494 cod. pen. sarebbe stata formulata in modo del tutto generico ed aspecifico e che la corte territoriale avrebbe finito per esaminare un punto non devoluto in quanto l' appello proposto dal Pubblico Ministero non aveva affrontato il profilo del rapporto di specialità fra la previsione di quell'art. 494 cod. pen. e la disposizione del Codice della Strada laddove la condanna pronunciata in appello si fondava proprio sull'esclusione di tale relazione tra le due disposizioni.

2.1.1. Va, in primo luogo, rilevato che l' impugnazione del P.M. è stata correttamente ritenuta dalla corte di appello ammissibile alla luce delle specifiche censure mosse (v. atto di appello) e che priva di pregio è la contestazione secondo cui la corte di appello si sarebbe pronunziato su un punto non devoluto in quanto la cognizione del giudice di appello è limitata ai punti della decisione impugnata attinti dai motivi di gravame (e a quelli con essi strettamente connessi e da essi dipendenti), ma non è condizionata dalle deduzioni in fatto e dalle argomentazioni in diritto poste dal giudice della decisione impugnata a sostegno del proprio assunto, con la conseguenza che essendo stata impugnata la pronunzia assolutoria correttamente la corte di appello ha valutato la tematica della configurabilità del reato in relazione alla questione del concorso formale fra fattispecie.

2.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato essendo palese la volontà dell' ufficio impugnante di censurare la pronunzia assolutoria dal reato di sostituzione di persone in relazione a tutte le condotte truffaldine contestate al di da del mero rinvio al reato di cui al capo b) avente un mero carattere descrittivo o, comunque, frutto di un errore materiale e dovendo in ogni caso ritenere l' impugnazione proposta anche in relazione al capo a) della rubrica in forza del principio del "favor impugnationis".

2.3. Il terzo motivo relativo alla quantificazione della pena deve ritenersi inammissibile sulla scorta dei principi richiamati in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio al § 1.5., non apparendo sul punto la pronunzia in alcun modo censurabile in questa sede risultando la pena determinata dal giudice di merito nell' esercizio dei suoi insindacabili poteri discrezionali.

3. Ricorso di ZZ.

3.1. Occorre rilevare che il sindacato di legittimità non ha per oggetto la revisione del giudizio di merito, bensì la verifica della struttura logica del provvedimento e non può quindi estendersi all'esame ed alla valutazione degli elementi di fatto acquisiti al processo, riservati alla competenza del giudice di merito, rispetto alla quale la Suprema Corte non ha alcun potere di sostituzione al fine della ricerca di una diversa ricostruzione dei fatti in vista di una decisione alternativa.

Né, la Suprema Corte può trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato.

Invero, solo l'argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato può essere sottoposto al controllo del giudice di legittimità, al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e all'esigenza della completezza espositiva (Sez. 6, n. 40609 del 01/10/2008, Ciavarella, Rv. 241214).

Va, inoltre, ricordato che, nella motivazione della sentenza, il giudice del gravame di merito non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni dei suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo.

Ne consegue che, in tal caso, debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr., Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muià ed altri, Rv. 254107).

Deve, altresì, evidenziarsi che il giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova è devoluto insindacabilmente ai giudici di merito e la scelta che essi compiono, per giungere al proprio libero convincimento, con riguardo alla prevalenza accordata a taluni elementi probatori, piuttosto che ad altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità degli assunti difensivi, quando non sia fatta con affermazioni apodittiche o illogiche, si sottrae al controllo di legittimità della Corte Suprema.

Si è in particolare osservato che non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti. (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011 - dep. 25/05/2011, Tosto, Rv. 25036201).

3.2. Sulla base di queste considerazioni di carattere generale i motivi proposti dal predetto imputato, riguardanti censure in fatto, appaiono manifestamente infondati.

La corte territoriale, valutate le complessive risultanze probatorie come sopra indicate, con una motivazione che non è né carente né illogica né contraddittoria ha riscontrato, in conformità a quanto ritenuto dal primo giudice, il coinvolgimento di tutti gli imputati - ivi compreso ZZ - ognuno dei quali aveva concorso, a vario titolo, nelle condotte truffaldine descritte, ritenendo, configurabile a carico del predetto imputato, anche il reato di sostituzione di persona. Pertanto non essendo evidenziabile alcuno dei vizi motivazionali deducibili in questa sede quanto alla affermazione della penale responsabilità in ordine ai reati di cui sopra e non essendo configurabile, quindi, la dedotta contraddittorietà della motivazione anche tenuto conto dei poteri del giudice di merito in ordine alla valutazione della prova, le censure formulate con i motivi da ultimo indicati, essendo sostanzialmente tutte incentrate su una nuova rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, appaiono del tutto infondate.

4. Ricorso di X.

Il motivo proposto dallo stesso riguardante la sussistenza della mera violazione amministrativa di cui all' art. 7 comma 15 bis Codice della Strada è privo di fondamento alcuno tenuto conto di quanto già evidenziato al § 1.4.

5. Per le considerazioni esposte, dunque, tutti i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili. Alla declaratoria d'inammissibilità consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al pagamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro duemila ciascuno.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle Ammende

 

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