Cass. pen. sz. IV - Sent. 12/11/2018 n. 51305 - Reato di fuga e di omissione di soccorso: sufficiente il dolo eventuale per integrare l'elemento soggettivo dell'illecito

Cass. pen. sz. IV - Sent. 12 novembre 2018, n. 51305

Reato di fuga e di omissione di soccorso: sufficiente il dolo eventuale per integrare l'elemento soggettivo dell'illecito

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Presidente: Francesco Maria CIAMPI
Rel. Consigliere: Maura NARDIN
ha pronunciato la seguente

Sentenza

Ritenuto in fatto

1. La Corte di Appello di Brescia con sentenza del 16 gennaio 2018 ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Milano con cui A. A. è stato ritenuto responsabile dei reati di cui all'art. 189, commi 6 e 7 C.d.S.- e condannato alla pena ritenuta di giustizia- per avere alla guida dell'autovettura XXX, di proprietà del padre, causato un sinistro stradale nel quale rimaneva coinvolta l'auto condotta da B. B., non ottemperando successivamente all'obbligo di fermarsi e prestare assistenza al medesimo che aveva riportato lesioni guaribili in quattro giorni.
2. Avverso la sentenza propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore, affidandolo a tre distinti motivi.
3. Con il primo motivo lamenta il vizio di motivazione della sentenza impugnata per illogicità della motivazione e per violazione della legge processuale in relazione all'art. 533, comma 1 cod. proc. pen. In particolare, si duole della mancata positiva valutazione di una prova decisiva a discarico, rappresentata dalla deposizione di C. C., contenuta nel verbale di S.I.T. e dell'omesso esame delle doglianze formulate al riguardo con l'atto d'appello. Sottolinea l'illogicità della motivazione(sostenendo che la Corte ha omesso di considerare alcune circostanze decisive e segnatamente: l'orario (ore 5.45) di accadimento dei fatti - che rende del tutto plausibile l'assenza di traffico -; il fatto che il teste C. C. abbia riferito sullo scoppio degli airbag nell'autovettura condotta dal A. A., sulla quale egli era trasportato e sull'impossibilità della fuga di quell'auto, in quelle condizioni; la veridicità della dichiarazione dell'imputato e del teste C. C. sull'invisibilità della YYY, per i due occupanti della XXX, nel momento in cui scesero dall'auto dopo il sinistro, essendosi l'auto del B. B. arrestata dietro i vasi da fiori del pub, che la coprivano integralmente, tanto che il A. A. ed il C. C. pensarono che il conducente si fosse dato alla fuga; la conferma di siffatta circostanza nelle parole di B. B., il quale riferì di aver invaso la corsia opposta, a seguito dell'urto, andando a collidere contro dei vasi di piante situati davanti al pub Capolinea, finendo la corsa in un piazzale a fianco del pub; la conferma ulteriore della posizione della YYY, nel piazzale accanto al pub, contenuta nella nota dei carabinieri intervenuti, laddove si legge altresì che alcuni vasi di piante appartenenti al pub, erano andati distrutti; la constatazione della riproduzione fotografica della sufficiente altezza delle piante contenute nei vasi, a nascondere la YYY. Osserva che la Corte territoriale, acriticamente aderendo alla ricostruzione del primo giudice, non ha spiegato in modo logico ed adeguato le ragioni per le quali si è discostata dalla versione dei fatti raccontata dal A. A. e dal C. C., del tutto coincidenti fra loro e che rendono plausibile che la vettura condotta dal B. B. non fosse visibile allorquando gli occupanti della XXX scesero dall'auto. Aggiunge che la sola sussistenza di un'ipotesi alternativa di ricostruzione dei fatti avrebbe dovuto condurre la corte all'assoluzione del A. A.
4. Con il secondo motivo, e negli stessi termini, fa valere il vizio di motivazione sia in relazione alla valutazione della testimonianza di D. D., di cui al verbale di S.I.T., che in ordine all'omesso esame delle doglianze formulate al riguardo con l'atto d'appello. Si duole che la sentenza impugnata abbia accolto in maniera acritica le dichiarazioni del D. D., ritenuto pienamente attendibile, benché egli fosse stato rintracciato dopo ben. 48 giorni dall'incidente, ove, per contro, il teste C. C. non era stato creduto solo perché amico dell'imputato rileva. Rileva che la descrizione dei fatti fornita dal D. D.- che ha riferito di essersi trovato la mattina del sinistro dietro l'auto del B. B. e di aver assistito allo scontro ed alla fuga della XXX, da lui inseguita con il B. B., senza esito- contiene elementi di contraddizione coi fatti accaduti. Il teste, infatti, da un lato, afferma che l'auto del B. B. fosse di colore grigio mentre in realtà era di colore bianco, dall'altro dichiara di essersi trovato dietro la YYY, mentre secondo lo stesso B. B. l'auto del D. D. era sopraggiunta sul luogo del sinistro. Rileva che la Corte, nonostante le sollecitazioni contenute nell'atto d'appello, ha omesso di dare logica sistemazione alle obiezioni sollevate sull'incomprensibile mancata annotazione della targa della XXX da parte del B. B. e del D. D., sull'inverosimiglianza della prosecuzione della marcia da parte della XXX con gli airbag esplosi, sull'inverosimiglianza del mancato raggiungimento dell'auto del A. A., che procedeva in quelle condizioni, da parte del B. B. e del D. D., che la inseguivano. Conclude assumendo che la sussistenza di un'ipotesi alternativa avrebbe dovuto condurre il collegio all'assoluzione dell'imputato, per il mancato superamento del ragionevole dubbio.
5. Con il terzo motivo lamenta la violazione della legge penale in relazione all'interpretazione dell'art. 189, commi 5, 6 e 7 C.d.S., per la mancata derubricazione del reato nella fattispecie di cui al quinto comma, come richiesto un specifico motivo d'appello, essendo chiaro che il A. A. non percepì in alcun modo che il B. B. avesse riportato danni, poiché neppure vide la sua auto. Inoltre, le lesioni ricollegate al sinistro dal Pronto Soccorso solo due giorni dopo il sinistro non possono essere ascritte con certezza al suo prodursi, poiché il B. B., nell'immediatezza riferì ai carabinieri di non avere bisogno di cure mediche. Ed infine, la sussistenza di effettive lesioni derivanti dallo scontro fra le auto è smentita dallo stesso racconto del B. B., secondo il qual egli si mise all'inseguimento dell'auto condotta dal A. A., subito dopo l'impatto.
6. Conclude chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.
2. Con i primi due motivi, infatti, si sottomette al giudice di legittimità, sotto forma di vizio di illogicità manifesta della motivazione, la richiesta di una nuova rivalutazione probatoria, non consentita in questa sede.
3. Va ricordato, infatti, che il vizio di motivazione sull'accertamento del fatto è tale unicamente se non risulti possibile la comprensione delle argomentazioni sottese alla decisione ed il loro sviluppo logico-critico. Sicché solo l'incongruenza del ragionamento o la intrinseca oscurità, impedendo il controllo sull'affidabilità della motivazione, integrano quel difetto che ne giustifica la rimozione. La pretesa mancanza, l'illogicità e la contraddittorietà della motivazione, qui denunciate, nondimeno, non hanno la caratteristica della percettibilità ictu oculi, richiesta dalla giurisprudenza di legittimità per autorizzare il sindacato sulla ricostruzione del fatto, che va limitato a rilievi di macroscopica evidenza, non rientrando fra i vizi emendabili la mancata risposta a testi difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici. Ed invero, "in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un'informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell'ipotesi in cui l'impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del "devolutum" con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d'appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice" (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009 - dep. 08/05/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv. 24363601; conformi: Sez. 2, Sentenza n. 47035 del 03/10/2013 Ud. (dep. 26/11/2013) Rv. 257499; Sez. 4, Sentenza n. 5615 del 13/11/2013 Ud. (dep. 04/02/2014) Rv. 258432; Sez. 4, Sentenza n. 4060 del 12/12/2013 Ud. (dep. 29/01/2014) Rv. 258438; Sez. 2, Sentenza n. 7986 del 18/11/2016 Ud. (dep. 20/02/2017) Rv. 269217).
4. Ebbene, nessuno dei denunciati vizi di travisamento soddisfa i requisiti appena precisati. Non solo nell'ipotesi di specie si versa in un'ipotesi di c.d. "doppia conforme", ma le prove esaminate dal giudice di secondo grado, che affronta tutti gli specifici motivi di impugnazione introdotti dalle parti sulla ricostruzione del fatto, sono le medesime prese in considerazione dal primo giudice. Si tratta, infatti, di elementi probatori coincidenti ed esaustivi del materiale probatorio a disposizione di entrambi i giudici del merito, rispetto ai quali il ricorrente chiede semplicemente, un nuovo vaglio, che risponda ai dubbi avanzati con le tesi difensive che, nondimeno, come si è detto, non debbono essere singolarmente confutate allorquando la ricostruzione esamini in modo esaustivo il quadro probatorio a disposizione. Il che è pacificamente accaduto nel caso di specie, avendo la Corte ricomposto ciascuno degli elementi raccolti, in modo del tutto coerente con le risultanze esaminate, senza omettere alcunché. Il Collegio, per la verità, ha esaurientemente chiarito che a seguito dell'impatto fra le due auto, la YYY del B. B. fu proiettata nell'opposta corsia di marcia e quindi contro i vasi del pub, finendo la corsa sul piazzale del medesimo; che sceso dall'auto il B. B. vide il conducente della XXX armeggiare sull'auto e ripartire e quindi con il D. D., conducente dell'auto lo seguiva, si pose all'inseguimento dell'investitore, senza riuscire a raggiungerlo; che, infine, dopo un paio di giorni, il B. B. si recò al Pronto Soccorso ove gli furono diagnosticate le lesioni. Tutto ciò sulla base delle dichirazioni del B. B., del D. D. e sulle annotazioni dei carabinieri intervenuti. Il fatto che la Corte abbia ritenuto di non credere al teste C. C., resta una valutazione di merito, scevra di illogicità e fondata su una motivazione adeguata, tanto che il giudice d'appello ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica per le valutazioni di competenza.
5. L'ultima censura è manifestante infondata. Conviene ricordare quanto più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, e di recente ribadito da una pronuncia di questa sezione (Cass. Sez. 4, n. 42308 del 07/06/2017 - dep. 15/09/2017) che riassumendo i termini della questione, ha precisato che "il reato di fuga dopo un investimento e quello di mancata prestazione dell'assistenza occorrente, previsti rispettivamente al sesto e dal settimo comma dell'art. 189 C.d.S., hanno diversa oggettività giuridica, essendo la prima previsione finalizzata a garantire l'identificazione dei soggetti coinvolti nell'investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro, mentre la seconda è finalizzata a garantire che le persone ferite non rimangono prive della necessaria assistenza (Sez. 4, Sentenza n. 6306 del 15/01/2008, Rv. 239038; Sez. 4, n. 23177 del 15/03/2016, Rv. 266969). L'elemento soggettivo del reato previsto dall'art. 189 C.d.S., comma 6, è integrato anche in presenza del dolo eventuale, ravvisabile in capo all'utente della strada il quale, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualità che dall'incidente sia derivato danno alle persone, non ottemperi all'obbligo di fermarsi. Dunque, per le modalità di verificazione del sinistro e per le complessive circostanze della vicenda, l'agente deve la rappresentarsi la semplice possibilità che dall'incidente sia derivato un danno alle persone (Sez. 4, n. 34335 del 03/06/2009 - dep. 04/09/2009, Rizzante, Rv. 245354; Sez. 4, n. 17220 del 06/03/2012 - dep. 09/05/2012, Turcan, Rv. 252374; Sez. 6, n. 21414 del 12/03/2013, Rv. 255429.). Ne consegue che, mentre nel reato di "fuga" previsto dall'art. 189 C.d.S., comma 6, è sufficiente che si verifichi un incidente riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, senza che debba riscontrarsi l'esistenza di un effettivo danno alle persone, per il reato di omissione di assistenza, di cui al comma 7, dello stesso articolo, si richiede che sia effettivo il bisogno dell'investito. Effettività che si è in passato reputata insussistente nel caso di assenza di lesioni o di morte o allorché altri abbia già provveduto e non risulti più necessario l'intervento dell'obbligato. Certamente, l'assenza di lesioni o morte o la presenza di un soccorso prestato da altri non possono essere conosciute "ex post" dall'investitore, dovendo questi essersene reso conto in base ad obiettiva constatazione prima dell'allontanamento (Sez. 4, n. 5416 del 25/11/1999 - dep. 09/05/2000, Sitia e altri, Rv. 216465; Sez. 4, n. 4380 del 02/12/1994 - dep. 24/04/1995, Prestigiacomo, Rv. 201501). Più recentemente però, in conformità ad una interpretazione rispettosa della effettività della tutela degli interessi salvaguardati dalla norma, si è precisato che l'assistenza alle persone ferite non è rappresentata dal solo soccorso sanitario bensì da ogni forma di aiuto di ordine morale e/o materiale richiesta dalle circostanze del caso. Ciò, dunque, comporta che chi rivendica ragioni di insussistenza del fatto illecito, dia compiuta dimostrazione della adeguatezza dell'assistenza, nell'ampio senso dianzi indicato (Sez. 4, Sentenza n. 14610 del 30/01/2014, Rossini, v. 259216).".
6. Ora, il ricorrente assume la mancata percezione dei danni al conducente, da parte del A. A., non avendo egli neppure visto l'auto del B. B. dopo il sinistro, posto che la medesima era nascosta dietro i vasi del pub, cosicché egli non poteva sapere se il suo conducente fosse ferito o se vi fossero stati solo danni a cose, con la conseguenza che il fatto andrebbe riqualificato ai sensi dell'art. 189, comma 5.
Si tratta di una pretesa la cui fondatezza è smentita dalla stessa ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza che si sofferma sulla violenza dell'impatto, e sulle possibili conseguenze lesive per il conducente, sicché la condotta consistita nell'allontanarsi senza alcuna verifica non può non integrare l'elemento soggettivo, quantomeno sotto il profilo del dolo eventuale.
7. Non resta che dichiarare inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 2000,00 euro in favore della cassa delle ammende.

Cosi deciso il 13 settembre 2018.

Il Presidente: TRIFONE
Il Consigliere estensore: UCCELLA

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2018.

 

Tags: omissione di soccorso, art.189 cds

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