Cass. Pen. sez. V - Sent. 16/07/2018 n. 32648 - Limiti nell'individuazione fotografica tramite social network

Cass. Pen. sez. V - Sent. 16/07/2018 n. 32648

Limiti nell'individuazione fotografica tramite social network

SENTENZA

sul ricorso proposto da: A.S. avverso la sentenza del 23/01/2017 della CORTE APPELLO di L'AQUILA

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Angelucci Saulo ricorre personalmente avverso la sentenza della Corte di appello di L'Aquila del 23 gennaio 2017 che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Chieti del 7 gennaio 2016, l'ha condannato alla pena di giustizia per i delitti di lesioni personali commessi in danno di più persone, di violazione di domicilio, di furto, di violenza privata e di maltrattamento di animali e deduce il vizio di violazione di legge e quello di motivazione, per avere la Corte territoriale replicato l'errore in cui era incorso il giudice di prime cure allorché aveva ritenuto affidabile l'individuazione della sua persona, quale responsabile dei reati di cui alle imputazioni, sulla sola base del riconoscimento fotografico compiuto, nella fase delle indagini preliminari, da parte di due delle persone offese sulla base dell'immagine estrapolata dal suo 'profilo Facebook'; riconoscimento che, invece, doveva ritenersi caratterizzato da un intrinseco profilo di incertezza, posto che è nota la possibilità di una sostituzione di persona. Donde, non essendosi fugato tale dubbio, la sentenza doveva ritenersi radicalmente invalida.

2. Il ricorso è inammissibile vuoi perché manifestamente infondato, vuoi perché generico.

2.1. Come rammentato dal giudice censurato, è consolidato l'insegnamento impartito da questa cattedra nomofilattica secondo il quale i riconoscimenti fotografici effettuati durante le indagini di polizia giudiziaria - come i riconoscimenti informali dell'imputato operati dai testi in dibattimento - costituiscono accertamenti di fatto e sono utilizzabili nel giudizio in base ai principi della non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice (Sez. 5, n. 6456 del 01/10/2015 - dep. 17/02/2016, Verde, Rv. 266023; Sez. 6, n. 12501 del 27/01/2015, Di Stefano, Rv. 262908; Sez. 2, n. 17336 del 29/03/2011, Bianconi, Rv. 250081).

Si è, infatti, affermato che la certezza della prova non discende dal riconoscimento come strumento probatorio, bensì dall'attendibilità accordata alla deposizione di chi si dica certo dell'individuazione (Sez. 5, n. 9505 del 24/11/2015 - dep. 08/03/2016, Coccia, Rv. 267562; Sez. 6, n. 28972 del 28/05/2013, Luongo, Rv. 257393; Sez. 6, n. 49758 del 27/11/2012, Aleksov, Rv. 253910; Sez. 5, n. 22612 del 10/02/2009, Paluca, Rv. 244197), posto che l'individuazione di un soggetto - sia personale sia fotografica -, in quanto manifestazione riproduttiva di una percezione visiva, costituisce una specie del più generale concetto di dichiarazione, che, in tale guisa, deve essere sottoposta al prudente apprezzamento del giudice.

Ferma, dunque, l'utilizzabilità e la sufficienza intrinseca della prova costituita dal riconoscimento fotografico compiuto in sede di indagini pur in assenza di formale ricognizione dibattimentale, evidenzia il Collegio come la censura non centri il bersaglio, poiché rimanendo sul piano delle deduzioni astratte, non contesta specificamente l'unico profilo che sarebbe stato tale da disarticolare l'impianto giustificativo della decisione impugnata: vale a dire la non riconducibilità alla persona dell'imputato dell'immagine fotografica riprodotta sul profilo 'facebook'.

Tale rilievo, infatti, - la cui sede di elezione era, peraltro, quella del processo di merito - si sarebbe dovuto articolare allegando che la fotografia, estrapolata dal 'profilo Facebook' ed utilizzata dalle persone offese per individuare il loro aggressore, costituiva il frutto di un'illecita manipolazione da parte di altri e non rappresentava, pertanto, le sembianze dell'impugnante ,; In assenza di tale decisiva deduzione la doglianza è destinata all'irricevibilità.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento e della somma di Euro 2000,00 a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di procedimento e della somma di Euro 2000,00 a favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 27/04/2018.

 

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