Cons. di Stato - Sent. 27/09/2016 n. 3950

Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27/09/2016, n. 3950

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9618 del 2015, proposto dalla società E.S. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Cardarelli C.F. (...) e Alfredo Zaza D'Aulisio C.F. (...), con domicilio eletto presso Studio LCA in Roma, via G. P. da Palestrina, 47;

contro

R.D., S.F., M.F.C., A.A., A.A., rappresentati e difesi dagli avvocati Benedetto Giovanni Carbone C.F. (...) e Massimo Di Sotto C.F. (...), con domicilio eletto presso il primo difensore in Roma, via degli Scipioni, 288;

nei confronti di

Comune di Cassino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Marco Paliotta C.F. (...), con domicilio eletto presso Raffaella De Angelis in Roma, via Pietroromano, 33, sc.D, int.2 B/4;

per la riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, sezione staccata di Latina - sez. I, n. 410/2015.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Cassino e di R.D., S.F. ed altri., questi ultimi due quali eredi di A.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2016 il cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti gli avvocati Cardarelli, Zaza D'Ausilio, Carbone, Di Sotto e Paliotta;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con ricorso notificato in data 21 giugno 2016 i signori R.D., A.A., S.F., M.F.C. e A.A., proprietari o titolari di locali commerciali confinanti, hanno impugnato i seguenti permessi di costruire rilasciati dal Comune di Cassino alla società E.S. s.r.l. in relazione a un edificio esistente a uso commerciale, sito su un lotto limitrofo:

a) permesso n. 3713 del 9 luglio 2013, per un progetto di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione;

b) permesso n. 3728 del 10 aprile 2014, concernente una variante al progetto già assentito;

c) permesso n. 3729 del 24 aprile 2014, relativo all'ampliamento del fabbricato (una sopraelevazione di tre piani con copertura a tetto).

2. Con sentenza 20 maggio 2015, n. 410, il T.A.R. per il Lazio - Latina, sez. I:

a) ha respinto un'eccezione di tardività del ricorso;

b) ha accolto il primo motivo del ricorso (l'intervento non costituirebbe una ristrutturazione ma una nuova edificazione - ai sensi dell' art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, nel testo all'epoca vigente - poiché il nuovo fabbricato, situato in area sottoposta a vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 , differirebbe dal precedente per forma, volume e sagoma; sarebbe irrilevante il fatto che la sagoma del nuovo immobile presenti una divergenza modesta e il volume sia leggermente inferiore; trattandosi non di ristrutturazione, ma di nuova costruzione, l'intervento avrebbe dovuto rispettare i parametri della normativa urbanistica locale quanto a distanze e rapporto di copertura; sarebbe dunque illegittimo il permesso n. 3713/2013, e, per invalidità derivata, il permesso n. 3728/2014);

c) ha accolto il secondo motivo (illegittimità del permesso n. 3729/2014, per violazione del P.R.G.: questo consentirebbe la sopraelevazione di fabbricati esistenti, mentre nella specie, al momento della domanda di rilascio del titolo, l'immobile non sarebbe stato "chiuso", bensì completo nelle strutture ma non nella tamponature esterne);

d) ha accolto in parte gli altri motivi (violazione della normativa urbanistico-edilizia locale: nel volume complessivo non andrebbe computato il porticato al piano terra; andrebbe invece tenuto conto del sottotetto, che non costituirebbe un volume tecnico, ma un quinto piano).

3. La E.S. ha interposto appello contro la sentenza, chiedendone anche la sospensione dell'efficacia esecutiva.

4. La società ricostruisce la vicenda, ricorda che gli interventi contestati avrebbero superato il vaglio di compatibilità paesaggistica e archeologica (con il rilascio delle autorizzazioni comunali, previo pareri favorevoli delle Soprintendenza competenti, confermati anche dopo l'annullamento dei permessi di costruire).

5. Nel merito:

a) ripropone l'eccezione di irricevibilità per tardività del ricorso introduttivo. Nelle prospettazioni dei ricorrenti, il vizio dell'edificazione troverebbe presupposto nella circostanza che il permesso n. 3713/2013 non avrebbe potuto essere assentito; il termine per impugnare andrebbe dunque calcolato rispetto a tale atto e in concreto sarebbe stato superato (la notifica del ricorso è del 21 giugno 2014), considerato l'inizio (16 settembre 2013) e il completamento (16 aprile 2014) dei lavori, che avrebbe consentito ai ricorrenti - i quali hanno invece atteso l'esito dell'accesso agli atti - di percepire i caratteri essenziali dell'intervento;

b1) quanto al primo motivo del ricorso, osserva che sarebbe irragionevole considerare illegittimo l'intervento solo per una lieve difformità di sagoma, che rispetterebbe le linee fondamentali del preesistente determinando anzi una diminuzione del carico urbanistico;

b2) inoltre, non tutti i vincoli previsti del decreto legislativo n. 42/2004 potrebbero giustificare l'inapplicabilità del regime della ristrutturazione in caso di variazioni di sagoma. In particolare, non avrebbero rilievo i vincoli finalizzati alla tutela di valori non suscettibili di essere lesi da modifiche del contorno degli edifici, quali i c.d. vincoli del terzo tipo (ex art. 134, lett. c), del decreto citato). Nel caso di specie, non sarebbe dato rinvenire concretamente alcuno dei beni in questione, secondo la definizione che ne dà l'art. 45 delle N.T.A. al P.T.P.R. del Lazio: l'area interessata sorgerebbe in una zona fortemente urbanizzata in epoca moderna e del tutto priva del carattere di "unità di paesaggio assolutamente eccezionale", cosicché non sussisterebbe alcun paesaggio da tutelare. Quella esposta sarebbe l'interpretazione costituzionalmente conforme dell' art. 3, comma 1, lett. c), delD.P.R. n. 380 del 2001, che sarebbe altrimenti illegittimo per contrasto con gli artt. 3, 41 e 42 Cost. In subordine, la società appellante chiede dunque venga sollevata la questione di legittimità costituzionale riguardo ai profili esposti sub b.1 e b.2;

b3) per altro verso, il T.A.R. non avrebbe tenuto conto dei pareri favorevoli delle Soprintendenze statali e delle autorizzazioni paesaggistiche comunali, di fatto disapplicandole e andando ultra petita, in assenza di impugnazione da parte dei ricorrenti (il che avrebbe dovuto portare alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso);

b4) l' art. 10, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001 consentirebbe lavori di ristrutturazione, comportanti modifica della sagoma, anche su immobili vincolati, sottoponendoli al più severo regime del permesso di costruire. Il difetto di coordinamento tra le due disposizioni del d.P.R. dovrebbe indurre l'interprete a una lettura nel senso della reciproca compatibilità. Anche in questo caso, in subordine, l'appellante chiede sia sollevata la questione di legittimità costituzionale in relazione agli artt. 3, 41 e 42 Cost. ;

b5) le variazioni di sagoma sarebbero state dettate dalla necessità di rispettare la normativa antisismica (il Comune di Cassino ricadrebbe nella zona antisismica 2A). La deroga prevista dall' art. 3, comma 1, lett. c), delD.P.R. n. 380 del 2001 dovrebbe valere anche per gli interventi su immobili siti in aree vincolate, pena, ancora una volta, l'illegittimità costituzionale della disposizione;

b6) diversamente da quanto affermato dal primo giudice in modo apodittico, senza consulenza tecnica né esame della documentazione di progetto, l'intervento sarebbe conforme alle prescrizioni dell'art.15/0 delle N.T.A. al P.R.G. e ciò sarebbe sufficiente a concludere per l'infondatezza del primo motivo del ricorso.

c) Sul secondo motivo del ricorso introduttivo, E.S. contesta l'affermata violazione dell'art. 15/3 delle N.T.A. al P.R.G., per il rispetto del quale sarebbe sufficiente il completamento delle strutture di cemento armato, accompagnate dalla posa dei pilastri e del solaio di copertura, in quanto rimarrebbero comunque definiti il perimetro, i contorni e la cubatura dell'edificio. Peraltro il permesso n. 3729/2014 sarebbe stato rilasciato dopo un'accurata istruttoria (esame della documentazione, contraddittorio con i progettisti, accesso al cantiere) e previo rilascio dell'autorizzazione paesaggistica n. 482 del 18 marzo 2014, su conforme parere favorevole della Soprintendenza.

d) Sull'ultimo motivo del ricorso, la società sostiene che il T.A.R., a proposito del sottotetto, avrebbe aderito acriticamente alla tesi dei ricorrenti, senza disporre consulenza tecnica e travisando le risultanze del progetto assentito.

6. In un momento successivo E.S. ha integrato i motivi del proprio appello nella parte rivolta contro il primo motivo del ricorso introduttivo. Secondo un parere dell'Ufficio legislativo del Ministero dei beni culturali e ambientali, il P.T.P.R. adottato dalla Giunta regionale del Lazio avrebbe solo "valenza di perimetrazione" delle aree di interesse archeologico previste dall' art. 142, comma 1, lett. m), del decreto legislativo n. 42/2004. Varrebbe allora il comma 2 dello stesso art. 142 sicché l'area in oggetto, ricadendo in zona B1 secondo il P.R.G. approvato nel 1980 e tuttora vigente, non potrebbe considerarsi paesaggisticamente vincolata. A comprovare tale affermazione in punto di fatto la società ha depositato un certificato di destinazione urbanistica, rilasciato dal Comune.

7. Gli originari ricorrenti (con i signori Elena e Luca D'Ambrosio nella qualità di eredi della signora A.A.) si sono costituiti in giudizio per resistere all'appello, contestandone gli argomenti, e hanno successivamente depositato appello incidentale, impugnando la sentenza nella parte in cui ha rigettato il terzo (errata qualificazione del portico al piano terra come "uso collettivo"), il quarto (mancato computo della maggiore volumetria ricavata dalla realizzazione del portico al piano terra) e il sesto motivo del ricorso introduttivo (strumentale preordinazione dei lavori illegittimamente assentiti come demolizione e ricostruzione del piano terra alla realizzazione di una sopraelevazione di ulteriori quattro piani), nonché nella parte in cui, pur accogliendo il primo motivo del ricorso, ha ritenuto che la sagoma del locale al piano terra è stata modificata "di poco".

8. Alla camera di consiglio del 15 dicembre 2015 la causa, sull'accordo delle parti, è stata rinviata al merito.

9. Si è quindi costituito in giudizio in Comune di Cassino, per aderire all'appello e condividerne le conclusioni.

10. Le parti hanno successivamente depositato memorie, nelle quali rinnovano e ampliano le argomentazioni già esposte.

11. All'udienza del 10 marzo 2016, è stata accolta la richiesta delle parti di un rinvio per trattative.

12. Con nota depositata il 15 settembre scorso, la E.S. ha comunicato di avere raggiunto un accordo con gli odierni appellati per una complessiva sistemazione delle posizioni sostanziali, con conseguente rinuncia di questi ultimi - accettata dalla società - al ricorso originario, agli effetti della sentenza di primo grado e all'appello incidentale e compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

13. All'udienza pubblica del 22 settembre 2016, quando l'appello è stato chiamato e trattenuto in decisione, i difensori degli appellati hanno depositato copia dell'atto di rinunzia, debitamente notificato alle controparti. Il difensore del Comune ha dichiarato di non opporsi.

14. Il Collegio dà atto dell'intervenuta rinunzia al ricorso di primo grado, agli effetti della sentenza di primo grado e all'appello incidentale, dell'accettazione delle controparti, dell'accordo sulle spese di lite. Pertanto, annulla senza rinvio la sentenza impugnata e - a norma degli artt. 84, comma 1, e 35, comma 2, lett. c), c.p.a. - dichiara estinto il giudizio.

15. Apprezzate le circostanze, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.

16. Il contributo unificato relativo ai diversi gradi di giudizio resta a carico delle parti che lo hanno anticipato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto:

a) dà atto della rinunzia al ricorso originario, agli effetti della sentenza impugnata e all'appello incidentale;

b) annulla senza rinvio la sentenza di primo grado;

c) dichiara estinto il giudizio;

d) compensa integralmente fra le parti le spese del doppio grado di giudizio;

e) dispone che, per ciascun grado di giudizio, il contributo unificato resti a carico della parte che lo ha anticipato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore

Nicola D'Angelo, Consigliere

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