Cass. civ. sez. VI - Sent. 11/09/2018 n. 22000 -

Cass. civ. sez. VI - Sent. 11/09/2018 n. 22000

 

Fatti di causa e ragioni della decisione

Il Giudice di pace di Firenze, con sentenza n. 3669/2012, dichiarava l’inammissibilità dell’opposizione – per sua ritenuta tardività – proposta ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22 dal sig. E.P. , cittadino tedesco residente in (…), avverso un verbale di accertamento per la contestata violazione dell’art. 7 c.d.s. (transito in ZTL senza la necessaria autorizzazione).

Sull’appello formulato dal soccombente ricorrente in primo grado e nella costituzione dell’appellato Comune di Firenze, il Tribunale del capoluogo toscano, con sentenza n. 4340/2016, respingeva il gravame e condannava l’appellante alla rifusione delle spese del grado.

A sostegno della adottata decisione il Tribunale fiorentino ravvisava l’infondatezza dell’appello sul presupposto che, nella fattispecie, l’eseguita notificazione del verbale di accertamento opposto non poteva qualificarsi come inesistente siccome compiuta nel rispetto del regolamento CE n. 1393/2007 ed effettuata ritualmente dal predetto Comune che si era avvalso della società E., la quale aveva agito per conto del servizio postale gestito da Poste Italiane al solo fine di curare l’attività di materiale consegna del verbale impugnato per la notifica a mezzo posta.

Avverso l’indicata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il predetto appellante soccombente, articolato in quattro complessi motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimato Comune di Firenze.

Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la supposta falsa applicazione del Regolamento (CE) n. 1393/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio e la mancata applicazione della Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1977 (alla stregua della quale doveva essere notificato, nel caso di specie, l’opposto verbale di accertamento), la cui violazione, per la materia degli atti amministrativi all’estero, avrebbe dovuto comportare l’inesistenza della notificazione per come eseguita, nello specifico, dal Comune di Firenze.

Con il secondo motivo il ricorrente – sempre con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 15 dello stesso Regolamento CE n. 1393/2007, sul presupposto che – sensi delle citate disposizioni normative e pur nella denegata ipotesi di ravvisata applicabilità di tale Regolamento comunitario – solo gli Stati membri avrebbero potuto avvalersi del servizio postale per effettuare le notificazioni secondo le previste modalità e non anche i privati o gli enti pubblici periferici dotati di autonomia privata, come i Comuni.

Con il terzo motivo il ricorrente ha prospettato – sempre con riguardo all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 201 c.d.s. 1992 e dell’art. 10, comma 1, Cost., asserendo che, nella fattispecie, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale di Firenze, avrebbe dovuto trovare diretta applicazione l’art. 11 della Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1977 per le notifiche all’estero in luogo della disposizione di cui al citato art. 201 c.d.s..

Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – l’omesso esame dell’attività notificatoria della Nivi Credit s.r.l. ed il conseguente mancato rilievo dell’illegittimità della stessa siccome non dotata di alcun potere di notifica, nemmeno ai sensi del suddetto Regolamento CE n. 1392/2007.

Si è costituito con controricorso il Comune di Firenze, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Su proposta del relatore, il quale rilevava che tutti i motivi formulati con il ricorso potesse essere ritenuti inammissibili o, in via subordinata, manifestamente infondati in relazione all’art. 375, comma 1, nn. 1) e 5), c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio, in prossimità della quale i difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Rileva il collegio che i primi tre motivi – esaminabili congiuntamente siccome tra loro strettamente connessi – sono infondati, nel mentre l’ultimo si prospetta inammissibile (e comunque, privo di fondamento). Come evincibile dal coacervo delle prime tre censure la difesa della parte ricorrente ha propriamente contestato che, nella fattispecie, ai fini della notificazione del verbale di accertamento originariamente opposto, sarebbe stato necessario – allo scopo di ravvisare la ritualità ed effettiva validità dell’inerente attività notificatoria – far luogo all’applicazione della disciplina (prevista specificamente per la materia degli atti amministrativi) di cui alla Convenzione di Strasburgo 24 novembre 1997 e non di quella contemplata dal Regolamento CE n. 1393/2007 (invece ritenuta legittimamente osservata dal giudice di appello), che – ove fosse stata ritenuta eventualmente applicabile -avrebbe dovuto riferirsi soltanto alle notificazioni di atti intercorrenti tra gli Stati membri, con conseguente inapplicabilità, in ogni caso, delle modalità stabilite dall’art. 201 c.d.s. 1992.

Orbene, confutando le ragioni dell’appello prospettate dall’attuale ricorrente, il Tribunale di Firenze ha – convincentemente e legittimamente escluso – sulla scorta dei pregressi arresti della giurisprudenza di questa Corte (dai quali non si ha motivo per discostarsi) – escluso la sussistenza delle dedotte violazioni, reiterate con i primi tre motivi del ricorso nella presente sede di legittimità.

Infatti, il giudice di appello ha correttamente ritenuto che, nel caso di specie, fosse stata validamente applicata la disciplina delle notificazioni così come prevista dal Regolamento CE n. 1393/2007.

A tal proposito si evidenzia che – come già rimarcato con la sentenza di questa Corte n. 11140/2015 – il Regolamento (CE) n. 1393/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale, ovvero di “notificazione o comunicazione degli atti”, che abroga il regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio, applicabile alla fattispecie, prevede espressamente, al suo art. 14, che ciascuno Stato membro ha facoltà di notificare o comunicare atti giudiziari alle persone residenti in un altro Stato membro direttamente tramite i servizi postali, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o mezzo equivalente. Va, poi, precisato che il successivo art. 16 prevede, altresì, che “gli atti extragiudiziali possono essere trasmessi ai fini della notificazione o della comunicazione in un altro Stato membro, a norma delle disposizioni del presente regolamento”: da qui – secondo la pregressa condivisa giurisprudenza di questa Corte – deriva la sostanziale estensione delle norme relative agli altri atti, oggetto delle precedenti previsioni, tra cui appunto l’art. 14.

È stato, poi, aggiunto che in virtù del criterio di semplificazione e, soprattutto, di quello di reciproco affidamento degli ordinamenti dei singoli membri dell’Unione, che ispira ormai da tempo più che apprezzabile la legislazione processualcivilistica comunitaria prima ed eurounitaria poi e che comunque pervade anche il Regolamento in esame (secondo quanto si ricava dai primi “considerando” al testo premessi, soprattutto il 7, il 9 e il 15), tale facoltà deve considerarsi posta su di un piano di piena equivalenza o perfetta equipollenza rispetto alle altre (considerando n. 17) ed il suo esercizio non può soffrire, senza violare la lettera e lo spirito della disposizione regolamentare abilitativa, limitazioni di sorta o interpretazioni che ne comportino la sostanziale vinificazione: infatti, il criterio ispiratore è quello della massima reciproca fiducia nell’efficienza e nella sufficienza del semplice servizio postale per la comunicazione o la notificazione degli atti, quando si tratta di rapporti tra due Stati membri. Almeno in quest’ambito, deve allora considerarsi sufficiente – fino a prova del contrario (così garantendosi il diritto del destinatario), nei limiti però in cui la legge dello Stato membro in cui l’attività richiesta si espleta (unica ad applicarsi, per principi generali confermati da tutte le disposizioni procedurali di volta in volta emanate) lo consente – la cura con cui normalmente si esplica quel servizio a fondare il reciproco affidamento sulla funzionalità delle operazioni e sulla loro idoneità ad un’efficace tutela di entrambi i soggetti coinvolti, il mittente e il destinatario dell’atto

Da tutto ciò consegue che non è allora possibile condizionare la validità della notifica o comunicazione a mezzo posta, collegata dalla norma comunitaria alla semplice modalità della lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, ad un ulteriore requisito, quale l’applicazione, all’estero, di modalità previste da peculiari leggi nazionali in materia di notifiche a mezzo posta: tanto comporterebbe, in sostanza, un non consentito svuotamento della chiara ed univoca facoltà alternativa concessa dall’art. 14 del Regolamento. Andranno, ovviamente, osservate solo le disposizioni dello Stato membro nel quale la comunicazione o notificazione deve essere eseguita, che siano dettate, rispetto alle definizioni usuali di posta raccomandata, in modo speciale per le concrete modalità di esecuzione dei singoli atti previsti dalla legislazione di quello Stato: anche – o se non altro – per l’intuitiva impossibilità di pretendere che un funzionario postale di altro Stato applichi norme di un ordinamento che comunque, sul punto, rimane per lui straniero, quale quello peculiare di altro Stato membro dell’Unione, nella parte eccedente le disposizioni di rango eurounitario immediatamente applicabili.

Correttamente, pertanto, nella specie il Comune di Firenze – in applicazione del Regolamento CE n. 1393/2007 (che si estende sia agli atti giudiziari e che a quelli amministrativi) ha proceduto a notificare ritualmente, a mezzo posta, con le modalità previste dall’art. 201 c.d.s., il verbale di accertamento della violazione amministrativa elevato a carico del ricorrente (cfr. anche Cass. n. 10543/2015), con ciò rimanendo escluse le violazioni dallo stesso dedotte con i primi tre motivi (rimanendo inapplicabile, nella fattispecie, la precedente Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1977).

A tal proposito deve aggiungersi che non può aver seguito – e, quindi, va ritenuta infondata – anche l’ulteriore deduzione specificamente prospettata con la seconda censura, per effetto della quale, tutt’al più (secondo la parte ricorrente), la disciplina notificatoria contemplata dal citato Regolamento CE n. 1393/2007 (agli artt. 14 e 15) andrebbe limitata, quanto al suo ambito di applicabilità, ai soli rapporti tra gli Stati membri firmatari.

Come altrettanto legittimamente rilevato dal Tribunale fiorentino siffatta interpretazione risulterebbe illogicamente riduttiva della portata del complesso disposto normativo in questione, essendo conforme alla condivisa dottrina assolutamente prevalente l’affermazione per cui, con riferimento sia all’art. 14 del Regolamento CE 1348/00 che all’art. 14 Reg. CE 1393/07, deve ritenersi che l’espressione ciascuno Stato membro ha facoltà di… ecc. vada intesa come ellissi per gli organi a ciò preposti e legittimati in ciascuno degli Stati membri ad eseguire le attività notificatorie (v. la già citata Cass. n. 10543/2015), che, nel caso di specie, sono state realizzate legittimamente ai sensi dell’art. 201 c.d.s., il cui comma terzo consente di provvedervi anche a mezzo posta secondo, appunto, le norme sulle notificazioni mediante il servizio postale.

Anche l’ultimo motivo denunciato nell’interesse della ricorrente è privo di pregio sul piano giuridico.

Infatti, il giudice di appello non solo non ha affatto omesso di esaminare la ragione del gravame circa la supposta illegittimità della notificazione compiuta a mezzo posta sull’asserito presupposto che fosse stata eseguita da un mero soggetto privato (la E.), ma ha risolto correttamente la relativa questione giuridica.

Sul punto si è, invero, conformato alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 7177/2012 e Cass. n. 462/2017), ad avviso della quale, in tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, la notifica del verbale di accertamento, ai sensi dell’art. 385, terzo comma, del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada avviene mediante invio al destinatario di uno degli originali o di copia autenticata a cura del responsabile dell’ufficio o comando, o da un suo delegato, potendo, tuttavia, essere validamente affidate a soggetti terzi, anche privati, le attività intermedie di natura materiale, relative all’imbustamento ed alla consegna dei plichi al servizio postale. E sulla base di tale principio il Tribunale fiorentino ha accertato la legittimità della notificazione avvenuta a mezzo posta in relazione alla quale la E. si era limitata a svolgere una mera attività ausiliaria materiale (esecutiva e di semplice postalizzazione), come tale non incidente sull’attività essenziale propriamente notificatoria.

Alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte il ricorso deve, dunque, essere integralmente rigettato, con conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento, in favore del Comune controricorrente, delle spese della presente fase di legittimità, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Sussistono, inoltre, le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 1, comma 17, della legge n. 228/2012, che ha aggiunto il comma 1- quater all’art. 13 del d.P.R. n. 115/2002 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente Comune di Firenze, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidati in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre contributo forfettario al 15%, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228/2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

 

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