Cass. pen. sez. III - Sent. 31/08/2018 n. 39339 - Caratteristiche della discarica abusiva

Cass. pen. sez. III - Sent. 31/08/2018 n. 39339

Caratteristiche della discarica abusiva

RITENUTO IN FATTO

1. – Con sentenza del 12 settembre 2017, la Corte d’appello di Salerno ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Salerno del 16 marzo 2016, con la quale – per quanto qui rileva – l’imputato era stato condannato, per i reati di cui agli artt. 6, lettera e), del d.l. n. 172 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 210 del 2008, e 181, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004, per avere realizzato e gestito una discarica abusiva di rifiuti pericolosi e non, costituiti in gran parte da sezioni di gru, materiali metallici, cisterne, inerti, carcasse di animali, materiali dismessi e contenitori, anche in mancanza della prescritta autorizzazione paesaggistica. La Corte distrettuale ha dichiarato non doversi procedere in relazione alla violazione paesaggistica, perché estinta per intervenuta prescrizione, e ha rideterminato la pena, per il residuo reato, in un anno di reclusione e € 14.000,00 di multa, confermando la sospensione condizionale già concessa e la disposta confisca dell’area.
2. − Avverso la sentenza il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Si lamenta, in primo luogo, la mancata considerazione del motivo di appello con cui si era evidenziata la nullità dell’ordinanza con la quale si era disposto che i procedimenti già fissati davanti alla sezione distaccata di Eboli fossero trattati davanti al Tribunale di Salerno, in conseguenza della soppressione di tale sezione distaccata, per violazione dell’art. 552 cod. proc. pen. L’ordinanza in questione sarebbe priva dell’indicazione del giudice competente per il giudizio, del luogo, del giorno e dell’ora della comparizione. In particolare, all’udienza del 24 gennaio 2014, il giudice aveva rinviato il procedimento all’udienza del 15 aprile 2015, in un momento in cui la sezione di Eboli era ancora funzionante, senza alcuna menzione dei decreti del presidente del Tribunale che avevano disposto il trasferimento delle cause. La doglianza è stata ribadita con memoria depositata il 4 aprile 2018.
2.2. – Con un secondo motivo di doglianza, si sostiene che la Corte d’appello abbia ritenuto sussistente il reato di discarica abusiva, e non il deposito temporaneo di rifiuti, sulla base del solo elemento della eterogeneità dei rifiuti stessi. Mancherebbero le attività di trasformazione, recupero, riciclo, indispensabili per ritenere l’esistenza di una discarica, mentre il deposito sarebbe stato effettuato in conseguenza della necessità di conservare temporaneamente materiale in disuso, del quale l’imputato aveva temporaneamente il possesso.
2.3. – In terzo luogo, si contesta la disposta confisca, sulla base del rilievo che la proprietà del terreno apparteneva a una società a responsabilità limitata, soggetto diverso dall’autore del reato. Anche tale doglianza è stata ribadita con la memoria depositata il 4 aprile 2018.

2.4. – In quarto luogo, si contesta il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4), cod. pen., perché non si sarebbe tenuto conto del fatto che l’imputato aveva avanzato richiesta di dissequestro del fondo per procedere alla rimozione dei rifiuti. In ogni caso – secondo la prospettazione difensiva – sul luogo si trovavano soltanto una gru, un container, una centrale di betonaggio, attrezzature di cantiere funzionanti e attinenti all’attività edile della società proprietaria del terreno.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. – Il ricorso è infondato.
3.1. – La prima doglianza – riferita al rinvio della trattazione del procedimento di fronte al Tribunale di Salerno – è inammissibile, perché formulata in modo non specifico. La difesa non deduce di avere eccepito alcunché all’udienza del 15 aprile 2015; e, anzi, dalla lettura del relativo verbale, emerge che i difensori di fiducia erano presenti e nulla avevano rilevato rispetto al rinvio disposto: del resto, il procedimento si è svolto regolarmente nel contraddittorio delle parti e nel pieno rispetto del diritto di difesa. E in ogni caso, la dedotta violazione dell’art. 552 cod. proc. pen. è manifestamente insussistente, perché tale disposizione si riferisce ai requisiti del decreto di citazione a giudizio emesso dal pubblico ministero e non alle ordinanze di rinvio della trattazione del procedimento pronunciate dal giudice.
3.2. – Il secondo motivo di doglianza – con cui si lamenta che la Corte d’appello ha ritenuto sussistente il reato di discarica abusiva sulla base del solo elemento della eterogeneità dei rifiuti – è manifestamente infondato.
Dalla semplice lettura della sentenza impugnata, emerge che la Corte d’appello non si è limitata a valorizzare l’eterogeneità dei rifiuti, ma ha anche evidenziato l’entità del materiale rinvenuto e le notevoli dimensioni dell’area interessata dall’accumulo in via definitiva. Così argomentando, ha correttamente applicato i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, è necessario l’accumulo di rifiuti, per effetto di una condotta ripetuta, in una determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo con tendenziale carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli degli stessi e dello spazio occupato (ex plurimis, Sez. 3, n. 18399 del 16/03/2017, Rv. 269914; Sez. 3, n. 47501 del 13/11/2013, Rv. 257996).
E risulta del tutto irrilevante, ai fini della configurabilità del reato, la circostanza che manchino attività di trasformazione, recupero o riciclo, perché tale attività sono proprie di discariche correttamente autorizzate, ma non costituiscono elementi indispensabili per ritenere l’esistenza di una discarica abusiva, ben potendo l’autore del reato – come succede nella maggioranza dei casi – limitarsi a realizzare l’accumulo dei rifiuti.
Infine, deve essere ritenuta meramente asserita la circostanza – puntualmente smentita dagli esiti dell’istruttoria – che il deposito sarebbe stato effettuato in conseguenza della necessità di conservare temporaneamente materiale in disuso.
3.3. – Il terzo motivo – con cui si contesta la disposta confisca, sulla base del rilievo che la proprietà del terreno apparteneva a una società a responsabilità limitata, soggetto diverso dall’autore del reato – è infondato.
Il reato è stato infatti contestato e accertato come commesso dall’imputato nella sua qualità di legale rappresentante della società proprietaria del terreno e nell’esclusivo interesse di quest’ultima. Ne consegue che la società è il beneficiario effettivo dell’attività delittuosa, non potendosi perciò equiparare la sua posizione a quella di un terzo estraneo.
3.4. – Inammissibile è la quarta doglianza, con cui si censura il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4).
La difesa non contesta compiutamente l’affermazione della Corte d’appello, secondo la quale la relativa doglianza era inammissibile, perché non sorretta da una motivazione, ma si limita ad affermare genericamente – senza puntualmente indicare i rilevanti passaggi dell’atto di appello – di avere richiamato il corretto comportamento dell’imputato. Deve in ogni caso rilevarsi che la doglianza è formulata in modo non specifico anche nel ricorso per cassazione, perché basata sul richiamo di un atto di riapposizione di sigilli del 29 novembre 2011, da cui risulterebbe – secondo la prospettazione difensiva – che sul luogo si trovavano soltanto attrezzature di cantiere funzionanti e attinenti all’attività edile della società proprietaria del terreno. Anche a voler condividere tale prospettazione, la stessa risulta comunque irrilevante ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante in parola, perché, incentrandosi sul solo profilo riparatorio, non esclude che il danno cagionato all’ambiente sia stato comunque di rilevante gravità.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2018.

Tags: rifiuti

Stampa