Cass. pen. sez. I - Sent. 09/06/2020 n. 17506 - La sospensione e la revoca della patente conservano sempre la loro natura amministrativa anche quando il potere di applicarla venga attribuito al giudice

Cass. pen. sez. I - Sent. 9 giugno 2020, n. 17506

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Presidente: Mariastefania DI TOMASSI

Rel. Consigliere: Rosa Anna SARACENO

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Ritenuto in fatto

1. Con l'ordinanza in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, adito quale giudice dell'esecuzione, respingeva l'istanza proposta da A. A., volta a ottenere la sostituzione - con la sanzione accessoria della sospensione della patente - della più afflittiva misura della revoca disposta con sentenza, irrevocabile il 12 ottobre 2018, di applicazione della pena per il reato di cui all'art. 589 bis, primo comma, cod. pen., a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 88 del 2019, che ha dichiarato incostituzionale l'art. 222, comma 2, quarto periodo, d.lgs. n. 285 del 1992, nella parte in cui ne aveva reso obbligatoria l'applicazione.

A ragione osservava che, dopo il passaggio in giudicato della sentenza, il Prefetto aveva adottato, ai sensi dell'art. 224, comma 2, cod. strada, il provvedimento di revoca della patente di guida, notificato al A. A. ed eseguito in data 19.2.2019 con il materiale ritiro della patente. Era, pertanto, evidente il difetto dei presupposti per la rideterminazione della sanzione accessoria, posto che il provvedimento di revoca aveva esaurito i suoi effetti nel momento in cui era stato eseguito attraverso il materiale ritiro del titolo abilitativo da parte dell'autorità amministrativa e conseguente sua cancellazione: donde l'impossibilità di sostituire una sanzione non più in corso di esecuzione.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso l'interessato a mezzo del difensore, il quale ne ha chiesto l'annullamento per violazione di legge in relazione all'art. 222 cod. strada, nel testo risultante a seguito della pronuncia di incostituzionalità. Erroneamente il giudice dell'esecuzione ha ritenuto esaurito il rapporto esecutivo a seguito del provvedimento prefettizio di ritiro e cancellazione del titolo abilitativo alla guida, trascurando però di considerare che il provvedimento di revoca produce un duplice effetto: il ritiro e la cancellazione del titolo abilitavo e il divieto di conseguire una nuova patente prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca, periodo che non era certamente decorso né al momento della presentazione dell'istanza né al momento della decisione. Con la rimozione della sanzione accessoria della revoca della patente sarebbe stata rimossa anche l'inibizione quinquennale al conseguimento di una nuova patente, che è "pena sproporzionatamente severa sia in relazione a reati analoghi sia in quanto implicante una limitazione dei diritti fondamentali del condannato eccessiva rispetto alle finalità perseguite dalla norma incriminatrice". La decisione impugnata, omettendo qualsivoglia valutazione sull'effettiva componente di afflittività della misura alla stregua dei criteri elaborati dalla Corte di Strasburgo sulla natura sostanzialmente penale delle sanzioni, ha di fatto eluso il contenuto della sentenza della Corte costituzionale, facendo malgoverno dei principi di uguaglianza, proporzionalità e necessaria individualizzazione del trattamento sanzionatorio.

2.1. Con memoria depositata il 5 febbraio 2010, il difensore del condannato ha insistito per l'accoglimento del ricorso, illustrando il contenuto di alcune pronunzie di merito, nel frattempo intervenute, che, valorizzando l'indubbio grado di afflittività della sanzione, hanno ritenuto applicabile il disposto di cui all'art. 30, quarto comma, I. n. 87 del 1953.

Considerato in diritto

1. In via preliminare va rilevato che la memoria difensiva depositata in data 5 febbraio 2020, per l'udienza del 20 febbraio 2020, incorre nella sanzione dell'inammissibilità perché pervenuta oltre il termine prescritto dall'art. 611 cod. proc. pen.; pertanto le ulteriori argomentazione difensive in essa sviluppate non possono essere prese in considerazione dal momento che la rilevata intempestività esime dall'obbligo di esaminarle.

2. Il ricorso è infondato per le ragioni che si diranno.

3. La sentenza della Corte costituzionale n. 88 del 2019 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 222, comma 2, quarto periodo, cod. strada "nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli artt. 589 bis (omicidio stradale) e 590 bis (lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell'art. 222 (...), allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589 bis e 590 bis cod. pen.".

Nel censurare la disposizione, introdotta con la legge n. 41 del 2016, che ha previsto la indiscriminata estensione della revoca della patente a tutte le ipotesi di omicidio e di lesioni stradali gravi o gravissime, pur marcatamente diverse in termini di gravità della condotta, il Giudice delle leggi ha riscontrato un caso di automatismo sanzionatorio capace di vulnerare il principio di uguaglianza che notoriamente esige che situazioni diseguali siano trattate in modo diversificato; ha ritenuto che l'applicazione fissa della sanzione amministrativa, non graduabile in ragione delle peculiarità del caso, trovi una base applicativa ragionevole nelle più gravi ipotesi descritte al secondo ed al terzo comma sia dell'art. 589 bis sia dell'art. 590 bis, giacché porsi alla guida in stato di ebbrezza alcolica (con un tasso alcolemico superiore a determinate soglie) o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti "costituisce comportamento altamente pericoloso per la vita e l'incolumità delle persone, posto in essere in spregio del dovuto rispetto di tali beni fondamentali"; mentre tale automatismo è intrinsecamente irragionevole per comportamenti che, pur gravemente colpevoli, sono stati considerati di non pari gravità già dallo stesso legislatore, che ha apprestato una risposta sanzionatoria diversificata, segnata dalla crescita proporzionale della sanzione principale in funzione del diverso disvalore sociale di condotte ontologicamente distinte; nell'ipotesi base del primo comma delle due disposizioni e in quelle aggravate dei commi quarto, quinto e sesto "l'automatismo della sanzione amministrativa più non si giustifica e deve cedere alla valutazione individualizzante del giudice" che, apprezzate le circostanze del caso, può eventualmente applicare come sanzione amministrativa, in luogo della revoca della patente, quella meno afflittiva della sospensione della stessa "per la durata massima prevista dal secondo e dal terzo periodo del medesimo comma 2 dell'art. 222 cod. strada".

4. Il ricorrente, con il proposto incidente, muovendo dal rilievo della marcata afflittività della sanzione di revoca del titolo abilitativo alla guida, con conseguente inibizione per cinque anni ad un nuovo rilascio, e, dunque, dalla natura sostanzialmente penale della misura, ne ha chiesto la revoca, implicitamente invocando l'applicazione dell'art. 30, comma 4, legge n. 87 del 1953 che definisce i rapporti della pronunzia di illegittimità costituzionale con i giudicati di condanna, prescrivendo espressamente che "quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali".

Le Sezioni Unite di questa Corte (a partire dalle sentenze Ercolano e Gatto) hanno adottato una interpretazione ampia dell'art. 30, quarto comma -che fonda la competenza del giudice dell'esecuzione a considerare l'incidenza della declaratoria di incostituzionalità nella fase attuativa del giudicato-, chiarendo che esso riguarda le ipotesi di dichiarazione di illegittimità costituzionale tanto delle norme incriminatrici, che determinano una vera e propria aboliti° criminis, quanto delle norme penali che incidono sul quantum del trattamento sanzionatorio, comportando la verifica in sede esecutiva della sopravvenuta illegalità della pena, che, se riguardante rapporto esecutivo non ancora interamente eseguito, ne impone la rideterminazione.

Da ciò deriva che il vero tema della decisione è rappresentato dalla soluzione, in diritto, della questione relativa alla natura sostanzialmente penale, o meno, delle sanzioni contemplate nell'art. 222 cod. strada, e della loro riconducibilità, o meno, nell'alveo degli effetti penali della sentenza di condanna, ferma restando la qualificazione nominalistica di "sanzioni amministrative accessorie" a sanzioni penali.

5. Secondo l'insegnamento di Sez. U. Bosio (sentenza n. 8488 del 27/05/1998, Rv. 210982) "le sanzioni amministrative accessorie, - a differenza di quelle definite dalla dottrina sanzioni "in senso stretto" (che assumono con primarietà la "punizione" del contravventore, come quelle pecuniarie) -, assolvono direttamente o indirettamente una funzione "riparatoria" dell'interesse pubblico violato, e sono definite, perciò, "specifiche", ovvero ripristinatorie, o (...) interdittive. Queste sanzioni si affiancano alle pene criminali, quando il fatto considerato comporti offesa, ad un tempo, del valore tutelato dalla norma penale e dell'interesse pubblico a tale valore correlato. Tale sistema binario di deterrenza è volto a dare una risposta efficace, contemporaneamente repressiva e preventiva, rispetto a fatti poli-offensivi, ovvero dotati di una particolare pericolosità per la convivenza sociale e per gli interessi pubblici".

A tale sistema binario così concepito, in cui la sanzione amministrativa accessoria - che si affianca alla pena criminale - ha funzione di prevenzione, si è ispirato il legislatore della normativa del codice della strada laddove ha previsto che, quando dalla violazione delle norme del codice stradale derivino danni alla persona, o una lesione personale colposa, o in caso di omicidio colposo, oppure, ancora, quando le violazioni stradali siano configurate come contravvenzioni, il giudice, unitamente alla pena prevista per il reato, è tenuto a disporre la sospensione della patente di guida e, nei casi previsti, la revoca della medesima.

Ma la natura amministrativa della sanzione non muta quando il potere di applicarla venga attribuito al giudice, giacché essa conserva "i connotati che contraddistinguono la sua peculiare essenza, incentrata tutta sulla tutela di un interesse di spettanza della pubblica amministrazione".

Invero, le sanzioni stradali accessorie c.d. interdittive della sospensione e della revoca della patente (artt. 218 e 219 cod. strada), sorrette da chiara finalità di prevenzione della sicurezza stradale, sono disposte dal prefetto, nei casi previsti, quali sanzioni accessorie alle sanzioni amministrative pecuniarie che viceversa hanno funzione essenzialmente punitiva; è sempre di esclusiva spettanza prefettizia (art. 223 cod. strada), in caso di reato cui accede la sanzione amministrativa della sospensione o della revoca della patente, il potere di adottare la sospensione provvisoria della validità della patente di guida, che è provvedimento di natura cautelare, strumentalmente e teleologicamente teso a tutelare con immediatezza l'incolumità e l'ordine pubblico, impedendo che il conducente di un veicolo, il quale si sia reso responsabile di fatti configurabili come reati inerenti alla circolazione, continui nell'esercizio di un'attività palesantesi come potenzialmente creativa di ulteriori pericoli (Corte cost. ordinanza n. 167 del 1998). E che la natura della sanzione amministrativa accessoria permanga la stessa quale che sia l'autorità legittimata all'applicazione (a ennesima riprova della sua estraneità al sistema penale e a finalità repressive), è dimostrato dal fatto che "quando la vis attractiva della competenza del giudice penale viene meno per estinzione del reato, la competenza rimane radicata in capo al prefetto. Viene cioè restituita all'amministrazione la legittimazione all'applicazione della sanzione". L'art. 224, comma 3, cod. strada, esclude, difatti, l'incidenza dell'estinzione del reato per causa diversa dalla morte dell'imputato sul procedimento di applicazione delle sanzioni della sospensione o della revoca della patente; venuto meno il presupposto della contestuale applicazione da parte del giudice penale, la legittimazione ad applicarle torna al prefetto che vi provvede, ai sensi degli artt. 218 e 219, previa verifica della sussistenza o meno delle condizioni di legge per la loro applicazione, ossia previo accertamento della violazione commessa, della sua qualificazione secondo le tipologie legali, e della constatazione che relativamente ad essa deve applicarsi "di dirittò la sanzione amministrativa accessoria: tutti, questi, requisiti di legittimità del provvedimento sanzionatorio.

La sentenza Bosio non ha mancato di annotare, ancora, come dal generale impianto normativo e dalla ratio del sistema in cui va a calarsi il potere del giudice di applicazione della sanzione discende che, nella determinazione della durata della sospensione della patente, il giudice deve avvalersi del criterio predeterminato in generale per l'autorità amministrativa dall'art. 218, comma 2, il quale prevede che il periodo di durata della sanzione, nei limiti minimo e massimo fissati da ogni singola norma, è determinato in relazione all'entità del danno apportato, alla gravità della violazione commessa, al pericolo che l'ulteriore circolazione potrebbe cagionare: gravità del fatto e pericolosità specifica dimostrata dall'agente sono, dunque, i medesimi parametri incidenti sulla determinazione della durata della sospensione disposta dal giudice (così Sez. U. n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke Rv. 203429).

È sempre, poi, all'autorità amministrativa che l'art. 224 cod. strada riserva l'esecuzione della misura ordinata dal giudice con sentenza irrevocabile anche a pena condizionalmente sospesa; tanto perché la natura amministrativa della sanzione accessoria non consente l'applicabilità di istituti giuridici, quale quello della sospensione condizionale della pena, specificamente previsti per le sanzioni di natura penale (tra le molte e da ultimo: Sez. 3, n. 27297 del 10/05/2019, Vitali, Rv. 276025).

Dunque, alla stregua dei parametri normativi di riferimento, presupposti e finalità delle sanzioni stradali accessorie c.d. interdittive escludono che ad esse possa essere attribuita la natura di pene accessorie o di effetto penale della sentenza di condanna.

6. Giova al proposito rammentare che secondo l'autorevole insegnamento di Sez. U. n. 7 del 20/04/1994, P.M. in proc. Volpe, Rv. 197537, "gli effetti penali della condanna, dei quali il codice penale non fornisce la nozione ne indica il criterio generale che valga a distinguerli dai diversi effetti di natura non penale che pure sono in rapporto di effetto a causa con la pronuncia di condanna, si caratterizzano (...) per la natura sanzionatoria dell'effetto, ancorché incidente in ambito diverso da quello del diritto penale sostantivo o processuale". E la citata pronunzia ha ulteriormente precisato che il criterio, per distinguere l'effetto penale della condanna dall'effetto non penale della condanna stessa, debba essere ancorato "non alla circostanza (che) un determinato effetto in senso lato pregiudizievole derivi automaticamente o meno dalla condanna, bensì alla natura sanzionatoria, appunto "penale", delle conseguenze correlate alla condanna e ciò con riferimento alle finalità della norma che, prevedendo una determinata conseguenza in senso lato pregiudizievole, può essere stata posta con finalità "di punizione" oppure per la tutela di specifici interessi pubblici nei vari settori dell'ordinamento giuridico".

Che debba aversi riguardo alle finalità perseguite dalla norma trova conferma nella pronuncia della Corte costituzionale n. 193 del 2016 che, esaminando la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 I. n. 689 del 1981, del quale il giudice rimettente sospettava il contrasto con gli artt. 3 e 117, primo comma, Cost, in relazione agli artt. 6 e 7 CEDU, nella parte in cui non prevede una regola generale di applicazione, anche alle sanzioni amministrative, della legge successiva più favorevole, ha osservato che l'invocato intervento additivo avrebbe finito "per disattendere la necessità della preventiva valutazione della singola sanzione (qualificata "amministrativa" dal diritto interno) come "convenzionalmente penale" alla luce dei cosiddetti criteri Engel": solamente alle sanzioni amministrative aventi natura e finalità punitiva può e deve essere esteso il complesso dei principi enucleati dalla Corte di Strasburgo a proposito della "materia penale", ivi compreso il principio di retroattività della lex mitior, "salva la sussistenza di ragioni di tutela di controinteressi di rango costituzionale, tali da resistere al medesimo vaglio di ragionevolezza, al cui metro debbono essere valutate le deroghe al principio di retroattività in mitius nella materia penale". E sempre tale concreto vaglio ha condotto il Giudice delle leggi (Corte cost. n. 63 del 2019) a riconoscere la natura punitiva della sanzione amministrativa prevista dall'art. 187 bis d.lgs. n. 58 del 1998, per il suo grado di afflittività particolarmente elevato e, dunque, per la sua finalità di deterrenza o di prevenzione generale negativa, comune alle pene in senso stretto; come pure a riconoscere la natura sanzionatoria e non preventiva della confisca del veicolo a carico del responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza (Corte cost. n. 196 del 2010).

7. Tanto posto, questa Corte si è di recente occupata delle possibili ricadute di Corte cost. n. 88 del 2019 sulla revoca della patente disposta con sentenza di condanna o di pena patteggiata, divenuta irrevocabile prima della pubblicazione di tale decisione, ed ha escluso la possibilità di rivisitazione del giudicato giacché la natura formalmente e sostanzialmente amministrativa di tale sanzione comporta che essa, in quanto tale, esuli dall'ambito di operatività dell'art. 30, quarto comma, I. n. 87 del 1953, che circoscrive soltanto alle pene la retroattività degli effetti favorevoli delle sentenze di illegittimità costituzionale oltre i limiti dei rapporti esauriti (Sez. 1, n. 1634 del 13/12/2019, dep. 2020, Coppola, Rv. 277911; Sez. 1, n. 1804 del 14/11/2019, dep. 2020, Gentile, Rv. 27818).

In particolare, la citata sentenza Gentile, anche in applicazione dei criteri elaborati dalla Corte di Strasburgo sulla natura della sanzione, che può essere definita penale, al di là del nomen attribuito dal legislatore interno, in rapporto all'analisi delle finalità perseguite e del grado di afflittività, "nel senso che lì dove risulti prevalente la finalità punitiva (rispetto a quella preventiva) o lì dove risulti particolarmente elevato il grado di afflittività, la misura in questione va attratta nel cono delle garanzie penalistiche", ha confermato la natura strettamente amministrativa della revoca della patente giacché, fermo restando l'effetto pregiudizievole intrinsecamente correlato alla inibizione di un'attività, si tratta di sanzione che risponde ad una finalità spiccatamente preventiva e non repressiva, concepita dal legislatore (anche quando venga applicata dall'autorità amministrativa quale sanzione accessoria a sanzioni amministrative pecuniarie) "come misura inibitoria correlata all'avvenuta manifestazione di pericolosità del soggetto autore dell'illecito penale" e, dunque, "essenzialmente quale misura di prevenzione, atteso che la inibizione alla guida assicura la collettività dalla possibile reiterazione del comportamento pericoloso, con estraneità funzionale agli aspetti meramente afflittivi della pena".

E la stessa Corte costituzionale, con la recente decisione, ha confermato la finalità primariamente preventiva della revoca, osservando che la sua applicazione obbligatoria è ragionevole a fronte di condotte di reato commesse in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti (così come previsto anche dal previgente art. 222 cod. strada) in quanto comportamenti altamente pericolosi per la vita e l'incolumità delle persone giustificano l'applicazione "di una radicale misura preventiva per la sicurezza stradale"; mentre in presenza di condotte illecite diverse tra loro per manifestazione di pericolosità concreta, il giudice, tenendo conto degli artt. 218 e 219 cod. strada, potrà disporre sia la revoca della patente che la più blanda sanzione amministrativa della sospensione della stessa.

Dal pronunciamento del giudice delle leggi non discende, pertanto, nessuna attrazione in ambito penale della sanzione accessoria della revoca, ma soltanto - per ragioni analoghe al censurato automatismo applicativo della revoca della patente in via amministrativa di cui all'art. 120, comma 2, cod. strada (cfr. Corte cost. n. 22 del 2018 e n. 24 del 2020), l'attribuzione al giudice della cognizione di una facoltà di scelta tra revoca e sospensione, stante l'irragionevolezza intrinseca dell'applicazione indiscriminata della prima ad una varietà di fattispecie non sussumibili in termini di omogeneità poiché connotate da condotte diverse e dalla pericolosità più o meno grave del soggetto che è l'autore. Da qui la necessità di una risposta individualizzata nella scelta della misura preventiva da applicare in concreto: la sospensione della patente, con le modulazioni temporali determinate dal giudice in funzione delle specificità oggettive e soggettive del caso, o la revoca del titolo di abilitazione alla guida che non conosce modulazioni temporali, il periodo di inibizione al conseguimento di una nuova patente essendo determinato con specifico provvedimento del prefetto secondo le differenti escursioni fissate dalle disposizioni di cui all'art. 222, commi 3 bis e 3 ter, che prevedono termini inibitori diversi rapportati alle varie ipotesi di omicidio stradale, con la sola equiparazione tra l'omicidio stradale basico e le lesioni personali stradali gravi o gravissime.

8. In conclusione, l'oggetto della declaratoria di incostituzionalità non ha nessuna ricaduta sul giudicato oggetto della richiesta, in quanto la misura in esame, per le sue caratteristiche obiettive, pacificamente non ricade nell'ambito applicativo di cui all'art. 30, quarto comma, I. n. 87 del 1953.

Va, infine, precisato che l'intervenuta declaratoria di incostituzionalità nemmeno riguarda l'art. 222, commi 3 bis e 3 ter, disposizioni di cui, si ripete, non deve fare applicazione il giudice della cognizione quando dispone la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente, in quanto il periodo di tempo necessario per conseguire una nuova patente di guida, fissato dalla legge, rileva nel procedimento amministrativo successivamente promosso dall'interessato per ottenere il provvedimento autorizzatorio. Per tali ragioni la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile per difetto di rilevanza la questione avente ad oggetto l'art. 222, comma 3 ter, sollevata dal Tribunale ordinario di Torino, evidenziando che solamente "in sede di possibile contestazione, innanzi al giudice competente, della legittimità dell'eventuale diniego del provvedimento autorizzatorio perché richiesto prima del decorso del tempo previsto per legge, può avere ingresso la censura di sospetta illegittimità costituzionale della norma che tale presupposto pone fissando la durata del periodo di tempo prima del quale non è possibile il rilascio della nuova patente di guida". E tanto rende vieppiù palese l'infondatezza delle censure articolate dal ricorrente che, al più, avrebbe potuto evocare, in prima battuta, Corte cost. n. 88 del 2019 innanzi all'autorità amministrativa nell'ambito di una richiesta di rilascio di nuova patente prima del decorso dei termini inibitori di legge.

9. Alla luce delle superiori riflessioni, il ricorso va rigettato e il proponente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2020.

Il Presidente: DI TOMASSI

Il Consigliere estensore: SARACENO

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2020.

Tags: art.589bis cp, speciale omicidio stradale, art.222 cds, art.224 cds

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